"Un Libro è un sogno
che vuole comunicare"
Credo nella Mente dell'uomo
e nel Mistero infinito.
Credo nei Sogni e nel Futuro.
Credo nei Libri.
Non credo nell'impossibile.

LETTERE DELL'EDITORE
Lettere (buone e cattive) dell'Editore

Gli scrittori sono egocentrici e narcisi?

Ricordo che un vecchio amico, professore universitario di letteratura, ai tempi in cui non avevo ancora iniziato l’attività editoriale, spesso mi faceva arrabbiare parlando malissimo degli scrittori.
Lui ne conosceva molti, perché, essendo noto, gli venivano inviati vari scritti e il suo telefono era intasato dalle chiamate di autori richiedenti sue presentazioni, recensioni, appoggi editoriali, commenti critici.
L’amico diceva in sostanza che gli scrittori sono assetati di fama e di lodi, presuntuosi oltre ogni dire, vanitosi e narcisi, incapaci della minima attenzione per gli altri e pieni solamente di sé.
Quando ho cominciato a fare l’editore ho pensato che quel drastico giudizio - che mi infastidiva doppiamente, perché avevo un’alta opinione degli scrittori veri e perché anch’io da sempre scrivo – sarebbe stato messo alla prova dei fatti nella mia nuova esperienza.
In verità mi è capitato spesso di vederlo emergere in trasparenza dietro alcune figure di scrittori, pur capaci e veramente ispirati, che ho conosciuto.
Mi viene in mente A., un narratore di straordinaria abilità inventiva ed espressiva, che per mesi ha riempito la mia casella e-mail di suoi romanzi e racconti, attendendone la mia lettura, il mio commento e le mie prefazioni, senza trovare lui tempo per fare attenzione alle poche righe che gli inviavo io, ma ritenendosi comunque disponibile e generoso a concedere il privilegio della lettura della sua opera omnia.
Mi viene in mente B, autore di indiscutibile talento, che ho sempre timore a sentire anche per telefono, perché, qualunque impegno io abbia in atto, va avanti imperterrito a parlare inarrestabilmente della sua scrittura e a cercare da me continue ripetizioni del buon giudizio già dato (e scritto); B è tormentato dal disinteresse altrui per la sua scrittura e parla per ore di incomunicabilità e indifferenza, ma dei libri miei e di altri a lui donati nemmeno una traccia è rimasta che li abbia anche solo ricevuti.
Ma mi viene in mente anche C, un autore grande e noto, che, unico nella schiera dei miei duecento (scrittori conosciuti), mi si è rivolto prima per parlare di un mio romanzo (che per conto suo si era procurato) che per farmi leggere la sua opera proposta alla Casa Editrice.
Vi assicuro che è come incontrare... un alieno. Ogni volta che sento C, si parla in due, cioè si dice e si ascolta, con cortesia e senza barriere mentali.
Ho pubblicato A, B e C, perché sono tra i più grandi scrittori che ho conosciuto tutti e tre, e dunque il mio vecchio amico aveva in parte ragione; forse però il suo giudizio, più che riguardare gli scrittori come categoria, calza con una tipologia umana, attualmente molto molto facile da incontrare (che si tratti di scrittori o no) e per fortuna non priva di eccezioni umanamente sensibili e intelligenti (indipendentemente dalla pratica o meno della scrittura).
Resta che per uno scrittore, impegnato in un atto di comunicazione cui lui stesso dà valore e senso, è poco decoroso, a mio avviso, collaborare personalmente a svalorizzarlo al di fuori di sé.
E chiudiamo allora con un opportuno Elias Canetti:
Talvolta ho la sensazione che le parole siano tutte prive di valore, e mi domando perché ho vissuto. Ma non trovo risposte. E l'intensità della domanda a poco a poco viene meno, e io mi siedo alla scrivania ed è di nuovo a far parole.


M.S.