A cura di Rosa Roselli

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IL SIMBOLISMO. DA MOREAU A GAUGUIN A KLIMT

(Ferrara, Palazzo dei Diamanti)





Dante Gabriel Rossetti, Beata Beatrix


“Non è la verità vera che io debbo presentare nel quadro, bensì la verità ideale” (Pellizza da Volpedo)

Nel 1886 un poeta di origine greca Jean Moréas pubblica sul supplemento letterario del “Figaro” il manifesto del Simbolismo, in cui si propone un momento di riflessione sull’arte, intesa come espressione concreta e analogica dell’Idea, come fusione di elementi spirituali e sensoriali. Pittori quali Moreau, Puvis de Chavannes sono stati considerati i precursori di tale concezione, ma il primo vero esponente del Simbolismo fu il pittore Odilon Redon, che tentò la sintesi tra ciò che è visibile ed invisibile, tra il sogno e la vita. Tra il 1880 e il 1890 il critico Morice espose i principi fondamentali del Simbolismo, come significativa sintesi di spirito e sensi. La nuova dottrina fu diffusa da varie riviste: Le Symbolisme (1886), La Plume (1889), per citarne alcune, mentre “ La Pleiade ” (1886), mutatasi nel 1889 in “Le Mercure de France”, diventerà la rivista ufficiale del Simbolismo. Anche Gauguin, affascinato dalla nuova teoria artistica, attuò una nuova sintesi espressiva mediante la tecnica dei colori puri à plat e del cloisonnisme (pittura a zone circoscritte) della scuola di Pont Aven. Nel 1891 il critico Aurier espose sul Mercure i principi della pittura simbolista, per cui un’opera doveva essere, avant tout, “ideista”, poi simbolista, sintetista, decorativa, mostrandosi così in piena armonia con le tesi di Gauguin, nettamente in opposizione alla pittura impressionista. Dopo il 1890 il Simbolismo, movimento notturno e sotterraneo, percorse l’Europa, alimentandosi di correnti spiritualiste ed esoteriche, ermetiche ed allucinatorie volte a respingere le certezze della scienza positiva. Nelle arti plastiche il Simbolismo fu introdotto dai poeti (Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé), ma fu realizzato da quegli artisti che rifiutavano la solenne e retorica pittura di storia e il realismo.



G. Previati, Paolo e Francesca


Anche in Italia la novità fu percepita nei suoi motivi ricorrenti, ossia nella rivisitazione dei miti, nel misticismo, nella convergenza tra musica e pittura, nell’interesse per le religioni orientali, rivisitati in maniera personale da ogni artista.

La mostra di Ferrara vuole offrire un ampio panorama della produzione simbolista, ma trascura ampiamente la produzione italiana, rappresentata da sole tre opere, benché esse siano dei veri capolavori.

Il percorso, ordinato secondo la scansione cronologica, si apre con il preraffaellita Dante Gabriel Rossetti, con Bocklin e Puvis de Chavannes. Segue l’Apparizione di Moreau, del quale sono visibili anche opere su carta.

Odilon Redon è il punto di valico tra precursori e simbolisti; a lui fanno seguito Gauguin e i Nabis.

Ci sono poi alcune sale centrali con artisti validi come Knopff e von Stuck, affiancati da una produzione minore di modesta qualità.

Nelle due ultime sale ci sono, dapprima, gli unici tre pittori italiani (in una mostra italiana!): Previati, Pellizza da Volpedo e Segantini; poi c’è l’opera bellissima di Klimt (Le tre età della donna) ed infine Hodler , Munch e un Mondrian non ancora giunto all’astrattismo.



Delville, L’amore delle anime


La rassegna è visitabile fino al 20 Maggio 2007


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