A cura di Rosa Roselli

Tutti i diritti riservati

PIERO DELLA FRANCESCA

E LE CORTI ITALIANE

(Arezzo, Museo d’Arte
Medievale e Moderna)



P. della Francesca, Arezzo

Secondo il Vasari Piero della Francesca sarebbe nato nel 1406, a Borgo San Sepolcro (Arezzo), ma tale datazione appare inaccettabile, poiché l’artista nel 1439 era ancora nella bottega di Domenico Veneziano. Sarebbe dunque opportuno ritardare la nascita di circa un decennio ossia nel 1416. Sempre stando al Vasari, Piero avrebbe accompagnato il Maestro nelle Marche, a Loreto, per aiutarlo nell’elaborazione di alcuni affreschi, quasi subito interrotti. Nel 1442 Piero entra a far parte del Consiglio di Borgo e nel 1445 i confratelli borghigiani della Misericordia gli commettono la pala per l’altare della confraternita. A partire dal 1440 Piero incomincia a soggiornare ad Urbino con una certa frequenza. Nel 1451 produce a Rimini l’affresco “Malatesta in adorazione di San Sigismondo” e dal 1454 inizia la pala per l’altare maggiore di Sant’Agostino a Borgo. Nel 1459 soggiorna a Roma, chiamatovi dal papa umanista Pio II (al secolo Enea Silvio Piccolomini di Siena) per alcune decorazioni in Vaticano, che saranno cinquant’anni dopo sostituite dagli affreschi di Raffaello.
La prima citazione del ciclo aretino circa le “Storie della vera Croce” in San Francesco risale al 1466, quando l’opera era compiuta. Il tema, che già la “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varazze aveva reso famoso e che Agnolo Gaddi aveva già dipinto in Santa Croce a Firenze, è molto caro ai Francescani al punto da esserne i committenti.



P. della Francesca, Battaglia di Eraclio contro Cosroe

Il ciclo nel suo complesso dà “una prima gioia prevalentemente cromatica” (Lon-ghi), poi si mostra agli occhi “una serie di fatti supremamente spettacolari, colti così al momento del loro massimo dispiegamento visuale” (Longhi). Nel primo affresco ci sono i due episodi principali della leggenda ossia l”Invio di Seth” e la “Morte di Adamo”; sullo sfondo del lunettone sono accennati fatti a loro relativi e c’è la rappresentazione dell’albero il cui legno sarà lo strumento del martirio di Cristo. Domina un’atmosfera di semplicità, l’umanità è colta nella bellezza fisica dei corpi nudi, dal volto trasudante dolore, ma con misura. Colpisce di quest’affresco la chiarezza, la precisa determinazione di spazi e forme così da celebrare potente-mente l’incomparabile purezza dell’aria e della luce, che mostrano visioni sco-nosciute. Del seguito della Leggenda Piero sceglie gli episodi più significativi, tra i quali ricordiamo l’ “Incontro di Salomone con la regina di Saba”, posto in un ambiente raffinato e fastoso, tipico di una corte quattrocentesca soffusa da una gioiosa luce primaverile e rutilante di preziosi costumi. L’incontro tra Salomone e la regina di Saba forse rappresenta la riconciliazione tra Chiesa d’Oriente e d’Occidente, voluta dal Concilio di Firenze e Ferrara del 1439.


P. della Francesca,
Incontro di Salomone con la regina di Saba


Secondo Longhi, in questo passaggio dell’affresco Piero sembra aver compiuto un “exercitium geometriae occultum nescientis se mensurare animi”, anziché procedere secondo i principi dell’arte di ispirazione, l’artista avrebbe invece posto un vero e proprio “teorema che viene poi dolcemente a rivestirsi e come a intiepidirsi di uno spettacolo”. Il ciclo continua con il “Sogno di Costantino” e con due scene belliche: “Costantino contro Massenzio” e la “Vittoria di Eraclio su Cosroe”. Con l’ “Invenzione della vera Croce” e con “Eraclio che riporta la Croce a Gerusalemme” si conclude il ciclo. In tutto sono dodici episodi, affrescati nel coro (detto anche Cappella Bacci dalla famiglia che l’aveva in affido) della Chiesa di San Francesco in Arezzo. In questo lavoro Piero fa riferimento anche alle vicende politiche del tempo, come le allusioni alla dinastia bizantina travolta dai Turchi nel 1452, alle discussioni tra Cattolici e Ortodossi e nelle battaglie disegna il persiano Cosroe come il trafugatore del legno della Croce.


P. della Francesca, La resurrezione. (Particolare: il volto del soldato sotto il vessillo è quello di Piero della Francesca)


Lasciata Roma dopo il 1460, il Maestro è a Perugia ove dipinge il polittico per le monache di Sant’Antonio e poi, forse, alterna la sua dimora tra Arezzo ed Urbino. Tra il 1450 e il 1460 Piero realizza gli affreschi della “Flagellazione” del Palazzo Ducale di Urbino, della “Madonna del Parto” della Cappella del cimitero di Monterchi e la “Resurrezione” (1463) di San Sepolcro. La “Flagellazione” alluderebbe all’uccisione di Oddantonio da Montefeltro, avvenuta nel 1444. Secondo i critici in quest’opera ci sarebbe un enigma matematico e geometrico, che cela le identità dei personaggi raffigurati e l’enugma è un’epigrafe incisa su un astrolabio, fabbricato a Roma proprio negli anni in cui l’artista dipinse la “Flagellazione”. David King, direttore dell’Istituto di Storia della Scienza di Francoforte, sostiene che la soluzione del mistero sta nell’interesse di Piero per la matematica e la geometria, passione che accomunava il pittore al cardinale Bessarione, nominato nell’epigrafe, e all’astronomo viennese Giovanni Regiomontano che viveva a Roma alla corte del Cardinale. Tenendo conto di questi fattori e leggendo l’iscrizione, King ha capito che le parole incise celano un codice segreto, la cui chiave di lettura è basata sulla famosa Sezione Aurea della quale si parla anche nel “Codice da Vinci” di Brown. Applicando lo stesso rapporto al quadro di Piero spuntano dalle lettere dell’epigrafe i nomi dei personaggi. Conclusione: otto sono i personaggi e ciascuno ha a disposizione tre nomi, ossia il re Erode, Ponzio Pilato, Cesare, Giuda cui si aggiungono quelli del cardinale Bessarione e dell’astronomo.


P. della Francesca, Flagellazione

Ad Urbino poi, nel 1465, Piero dipinge il famoso dittico con il “Ritratto di Fede-rico da Montefeltro e della consorte Battista Sforza”; nel 1466 la Compagnia della Nunziata di Arezzo gli commissiona lo stendardo con l’ “Annunciazione”. Nel novero delle opere più famose del Nostro c’è la “Madonna del Parto”, sita nel piccolo borgo medievale di Monterchi, paese natale della madre del pittore. L’affresco è forse legato al culto della Madonna di Loreto, diffusosi dopo il 1464 ed è un lavoro caro alle gestanti. L’iconografia della Madonna incinta è diffusa nella pittura provenzale e catalana e da noi si è affermata solo nell’Italia centrale.La porzione d’affresco rimasta presenta la Madonna nell’atto di posare una mano sul ventre, tra due angeli speculari che scostano la tenda di un baldacchino sotto il quale è dipinta la Vergine di tre quarti, maestosa nella sua ieraticità.
Negli ultimi anni della sua attività Piero scrive il trattato “De prospectiva pingendi” stimolato dalla cultura urbinate e vi definisce le parti della pittura: “desegno, commensuratio e colorare”. Egli tratta, in verità, solo della “commensuratio, quale diciamo prospectiva, mescolandoci qualche parte de desegno, perciò che senza non se po dimostrare in opera essa prospectiva”. L’artista con il disegno e la prospettiva vuole fondere la cultura del platonismo di Cusano che scopre nella natura il segno divino, con l’aristotelismo fiammingo (Van Eyck e Van der Weyden) che dà un’immagine del mondo tramite punti di vista e proiezioni distinte.


P. della Francesca, Madonna di Senigallia


A questi anni risale la “Madonna di Senigallia”, in cui troviamo espressi i suoi schemi prospettici, esposti nel famoso trattato. Osservando il lavoro, di piccolo formato, il quadro rivela l’ impianto di una pala d’altare mediante la simmetria perfetta che ha il suo asse centrale nella cucitura dell’abito della Madonna. La luce proveniente da sinistra accentua la profondità dello spazio ed evidenzia la preziosità sferica della perla e l’effetto metallico del colletto dell’angelo. La cesta delle bende bianche (in alto, a destra) richiama la purezza e il ruolo salvifico di Maria, inoltre la cesta ricorda Mosè salvato dalle acque. Il rametto di corallo al collo del Bambino simboleggia la protezione contro i pericoli, mentre la rosa con le spine nella mano del Bambino allude alla Passione di Cristo.
Piero visse gli ultimi anni della sua vita in cecità e morì a Borgo il 12 Ottobre 1492.


P. della Francesca, Madonna del Parto


La mostra è visitabile fino al 22 Luglio 2007 


Archivio