ARTE - A cura di Rosa Roselli
Tutti i diritti riservati
A cura di Rosa Roselli

Tutti i diritti riservati

FRANCIS BACON

(Milano, Palazzo Reale)





F. Bacon, Studies for the human body, 1975


“Ma che cosa pretendevate? Che mi mettessi a dipingere rose rosse nel    secolo degli orrori?” (F. Bacon)

Francis Bacon nasce in Irlanda (Dublino 1909 – Madrid 1992) da genitori inglesi che ritornano a Londra durante la prima guerra mondiale. La precaria salute e i continui trasferimenti della famiglia non permettono a Francis di frequentare regolarmente la scuola. A sedici anni si allontana dalla famiglia e vive di lavori saltuari nella Berlino di Grosz e Dix, tra le caricature di obesi borghesi, soddisfatti del loro benessere. Nel 1926 è a Parigi, dove conosce le opere di Picasso che suscitano in lui il desiderio di intraprendere l’attività artistica. Nel 1928 è di nuovo a Londra, ormai dedito alla pittura, pur dovendosi mantenere con piccoli lavori. Nel 1933 è notato da Herbert Read che pubblica la sua “Crucifixion” sulla rivista “Art Now”. Nella fase iniziale della sua produzione pittorica Francis deriva dalla lezione surrealista il gusto del paradosso, da quella cubista l’ossessione per il paradosso. “Gabbie. In molti suoi dipinti i corpi sono inscritti in una gabbia. Il cubo che racchiude la figura del Papa, il solido che imprigiona la Duna di sabbia” (Chiappini).
Bacon prende i corpi, li intrappola, crea in loro una forte tensione emotiva al punto da farli urlare. Sarebbe troppo semplice collegare l’inquietudine di Bacon al difficile rapporto con il padre che lo frustava per averlo scoperto vestito da donna, così come associare l’angoscia dello stesso agli orrori della guerra. La tensione dei volti deformati nei suoi dipinti è quella di un “artista moderno”.




F. Bacon, Two figures with a monkey, 1973

Nel 1944 riprende a dipingere e la sua pittura si volge alla destrutturazione della figura, riprodotta in forme distorte e angoscianti, e composta nella definizione del suo movimento nello spazio. Tale impostazione riguarda i primi ritratti, quindi il percorso artistico più famoso va dalle Figures alle Heads fino ai ritratti dei Popes. Infatti uno dei soggetti preferiti da Bacon è il Papa, per lui metafora della condizione umana. L’opera di riferimento, che lo ossessionava per la sua perfezione, è il “Ritratto di Papa Innocenzo X” di Velazquez, che Bacon giudicava una delle più importanti opere della storia.
Nel famoso “Studio” dal “Ritratto di Innocenzo X” di Velazquez (1953) Bacon dà un’immagine sconvolgente del Papa, chiuso in una struttura tubolare, con un’espressione torturata, gravata dalla presenza di schizzi di sangue. Lo sfondo del quadro è percorso da tratti verticali che annebbiano la figura urlante, che siede, impotente, con i pugni chiusi. Nei suoi dipinti Bacon mette in evidenza le profondità sgradevoli della mente umana, immergendole in un’atmosfera da incubo.



F. Bacon, Studio dal Ritratto di Innocenzo X di Velazquez, 1953

Dopo aver avuto un riconoscimento internazionale prima alla Biennale di Venezia (1954) poi a Kassel nel 1959 e nel 1963, Bacon viene consacrato artista nel 1971 –1972 nella grande mostra antologica di Parigi, al Grand Palais. Negli anni Cinquanta Bacon impernia i suoi lavori sul rapporto figura-spazio circostante, che produce una forte tensione tra un atteggiamento di attrazione e di repulsione, espressa in modo particolare nel volto: “…sarebbe bello che in un ritratto l’apparenza sfumasse come in un deserto, come fosse il Sahara…” (Bacon), per cui “desertificare” la figura significa conquistare un luogo indefinito così da vincere l’ipocrisia concettuale della forma finita, in cui l’uomo possa risolvere l’angoscia e il suo senso di solitudine.
In questo periodo Bacon lavora all’Innocenzo X di Velazquez: all’immagine del Papa l’artista fa corrispondere, nel XX secolo, quella del capo politico cui non è sufficiente l’abito elegante per risolvere la propria angoscia.
La pittura di Bacon ha come compito il risveglio dell’uomo dal suo sogno di centralità assoluta nell’ordine delle cose per precipitarlo nell’incubo di appartenere all’ordine “corrotto” e “corruttibile” della materia. E’ quindi tipica in Bacon la rappresentazione di una figura in toni cupi, dalla testa senza occhi, di un viso che non ha più forma umana. Le figure di Bacon non si collocano nella storia e non hanno storia. Sono ad un passo dalla condizione animale, perché, come scrive Deleuze, Bacon è un pittore di teste che rivelano lo spirito animale dell’uomo e il suo destino. Esse mostrano una verità che l’uomo rifiuta di conoscere, ma che da sempre conosce.
“Vorrei che i miei quadri apparissero come se un essere umano fosse passato su di essi…lasciando una scia di umana presenza e tracce mnemoniche di eventi passati”(Bacon)





F. Bacon, Three Studies of the male back, 1970

La mostra è visitabile fino al 29 Giugno 2008.


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