ARTE - A cura di Rosa Roselli
Tutti i diritti riservati
A cura di Rosa Roselli

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BALTHUS





(Martigny, Fondazione Gianadda)





Balthus, Le tre sorelle


“I miei dipinti sono dominati da una stessa idea: la vita o, più esattamente, il risveglio della vita. Perché ci sia, è necessario il desiderio amoroso. Ai miei occhi, l’erotismo, sporcato e svilito dall’ipocrisia del XIX secolo e della prima parte del XX, simboleggia il carattere quasi irresistibile degli impulsi vitali” (Balthus)

Balthasar Klossowski (Parigi 1908 – La Rossinière 2001) si fa chiamare, per suggerimento di Rainer Maria Rilke, amante della madre, Balthus. Vive in un ambiente colto e raffinato, la Parigi degli Anni Venti – Trenta; conosce i più famosi intellettuali dell’epoca come Paul Valery, André Gide, Jean Cocteau. Dopo la prima guerra mondiale si dedica alla pittura, anche se l’artista aveva  già rivelato la sua inclinazione pittorica da bambino, quando a dodici anni riempì un album di disegni su Mitsou, il suo amato gatto. E’ questo il periodo in cui il poeta Rilke frequenta la madre di Balthus, del quale il poeta apprezza i quaranta disegni sul felino e, nel 1921, li fa pubblicare a Zurigo con la sua prefazione.
Secondo Jean Clair, Balthus è stato il pittore del silenzio , così come Rilke era stato il poeta del silenzio. Balthus matura ben presto quelle idee che avrebbero poi connotato la sua produzione. Lo stesso scrive che nella sua arte ci sono “la tenerezza, la nostalgia infantile, il sogno, l’amore, la morte, la crudeltà, il crimine, la violenza, il grido di odio, il ruggito, le lacrime! Tutto ciò che è nascosto nel fondo di noi stessi, un’immagine di tutti gli elementi essenziali dell’essere umano spogliato della sua stessa crosta di vile ipocrisia”. Il pittore quindi raffigura un mondo fuori dal tempo, sospeso tra spazio, realtà e voyeurismo per cui viene ricordato come autore di soggetti equivoci e di ragazzine che dormono, leggono, si specchiano o reggono lo specchio ad un gatto, l’alter ego dell’artista che le osserva con finta indifferenza. Questo aspetto dell’arte di Balthus ha suscitato scandalo,  qualche accusa pesante. L’artista infatti sceglie sempre modelle giovanissime, di dodici anni, perché “le donne, perfino mia figlia, appartengono già al nostro mondo, alla moda. Le mie fanciulle sono le uniche creature che oggi possano essere dei piccoli Poussin” ossia pure e senza tempo; le sue ragazzine sono “esseri sacri, divini, angelici”, ma anche profondamente malinconici.




Balthus, Nudo allo specchio


Un esempio può essere la protagonista di “Les beaux jours” (1944- 469. In questo dipinto la luce del giorno proviene da sinistra ed illumina in modo freddo gli oggetti della stanza. Tuttavia nel quadro c’è un’altra fonte luminosa che è quella del camino acceso, davanti al fuoco c’è un giovane inginocchiato. Le due luci trovano un punto d’incontro nella figura della ragazza, semidistesa sulla dormeuse. Se il viso è rischiarato dalla luce del giorno, il dorso dello specchio e la gamba piegata sulla poltrona sono illuminate dal fuoco del camino. Vicino al fuoco si nota una statuetta che simboleggia la sfinge. Cosa vuol dire tutto questo, a partire dal titolo del quadro? Il fuoco ci ricorda la sua duplice funzione: protettiva e distruttiva nello stesso tempo. E’ forse un presentimento? E’ solo un episodio di una serie di giornate? Definire il significato non è facile perché la giovinetta è presa dalla sua immagine, il ragazzo sembra dedito ad attizzare il fuoco. Le due figure sono dunque isolate, sembrano godere della loro solitudine, mentre cercano, forse, di leggere il segno di un destino diverso. Anche i bei giorni quindi hanno la loro malinconia!




Balthus, Les beaux jours



Balthus è come Piero della Francesca un pittore di luce, benché la sua luce sia di un bianco denso, che penetra in modo uniforme nelle stanze. Sicuramente essa produce quell’atmosfera misteriosa e deduttiva che i suoi capolavori emanano. Le sue opere sono strane, sono metafisiche e rimandano a Maestri lontani nel tempo, come il già citato Piero della Francesca per l’aspetto enigmatico ed ieratico delle sue opere; a Masaccio per la fissità; a Caravaggio per la potenza del gesto, ma anche a Poussin, David, Courbet. Da tutti apprende qualcosa, di tutti studia la tecnica con esiti più che positivi.

La mostra è visitabile fino al 23 Novembre 2008.

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