Rubrica a cura di Attilio Mazza
Come sono cambiate, dal dopoguerra a oggi,
Nel dibattito sui valori
Tre sono gli snodi attorno ai quali è organizzato il volume: le diverse stagioni del cattolicesimo italiano prima e dopo il Concilio vaticano II; la rilevanza della dimensione organizzativa, fra territorio e personale religioso; la ricchezza dei mondi cattolici che ruotano attorno all'istituzione ecclesiale, dai gruppi e movimenti alle manifestazioni della religiosità popolare, ai campi di impegno più di frontiera. Una dimensione importante dell'universo cattolico italiano è rappresentata dalla religione popolare, «una religiosità fatta di voti – scrive Garelli –, di promesse, di ceri accesi, di pellegrinaggi, di devozioni: ogni anno si stima che siano quasi dieci milioni i pellegrini in viaggio verso i quasi duemila santuari presenti sul territorio nazionale, cui vanno aggiunti i viaggi della speranza e della fede verso sedi internazionali quali Lourdes, Fatima ecc. I santuari rientrano a pieno titolo nel cattolicesimo vissuto. C'è un'Italia pellegrina – ha notato Marco Politi, vaticanista della «Repubblica» – che noi ignoriamo e che è fatta dei nostri vicini di casa; un'Italia stipata in auto e corriere che si reca sui luoghi del miracolo per chiedere una grazia, per tornare guarita e liberata, per riconoscenza dopo uno scampato pericolo. Ogni anno, alcuni milioni di persone corrono da padre Pio a San Giovanni Rotondo, vanno ad Assisi per san Francesco, a Padova per sant'Antonio, a visitare la casa della Madonna a Loreto. Questo popolo errante non si limita a fare una gita fuori porta o ad accendere candele e acquistare medagliette. Al santuario di Pompei si celebrano 20 messe ogni domenica e vengono distribuite circa 900.000 comunioni all'anno. Tra le pratiche più ricorrenti vi è la confessione, con i preti che ormai hanno coniato lo slogan “confessare stanca”. Stanca, perché le tribù dei fedeli hanno sensibilità diverse e perché molti riversano nel confessionale le angosce forti e il bisogno di sfogarsi. La visita ad un luogo santo, che risponde al bisogno di una fede sensibile, può essere l'occasione per riprendere un cammino spirituale. In un'importante ricerca nazionale sulla religiosità svolta a metà dello scorso decennio, è emerso che, negli ultimi 12 mesi, il 15% della popolazione italiana dai 18 ai 74 anni aveva partecipato ad un pellegrinaggio, il 18% aveva fatto un voto (indicatore di un forte coinvolgimento religioso personale) e il 42% aveva preso parte a una processione. Prevedibilmente, l'adesione a forme di devozione popolare risulta più elevata nelle persone più anziane (in particolar modo per i pellegrinaggi) e tra le donne (soprattutto per i voti): ma la tenuta di queste pratiche ci rimanda ad un basso-continuo religioso in cui si mescolano fede e folclore. Ancora qualche dato, ricavato sempre da quella indagine: il 9,8% degli italiani individua le ragioni della propria fede nella devozione ad un santo o alla Madonna; il 55,7% ritiene che le apparizioni della Madonna a Lourdes o Fatima siano segni della presenza di Dio in mezzo agli uomini, a fronte di una minoranza che le considera invenzioni popolari (9,3%) o dei preti 0,8%); il 22,1% dichiara di aver ricevuto una grazia nella propria vita; il 17,5% rivolge la sua preghiera principalmente ai santi, il 46,8% alla Madonna. Come ci ricorda il sociologo Roberto Cipriani, la religiosità popolare si presenta come un sistema culturale coerente, strutturato e ramificato, relativamente autonomo rispetto alla religione ufficiale. Infatti, se da un lato le istituzioni religiose favoriscono la devozione nei confronti di figure cui viene riconosciuto un ruolo centrale nel disegno di salvezza del popolo cristiano (come
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