Rubrica
a cura di Attilio Mazza


L A TENDENZIOSIT À DELLE FONTI SU CRISTO




Harold Bloom, «Gesù e Yahvè. La frattura originaria tra Ebraismo e Cristianesimo», Rizzoli, 278 pagine, € 18,50



Harold Bloom, docente all'Università di Yale, considerato il più celebre e influente critico letterario americano, introducendo il suo libro «Gesù e Yahvè. La frattura originaria tra Ebraismo e Cristianesimo», pubblicato da Rizzoli nella traduzione di Daniele Didero, scrive che la sua ricerca è centrata su tre figure: «un personaggio più o meno storico, Yeshua di Nazareth; un Dio teologico, Gesù Cristo; e un Dio umano, troppo umano, Yahvè. Una simile frase d'apertura suonerà inevitabilmente polemica, la mia speranza, tuttavia, è soltanto quella di contribuire a mettere meglio in luce alcuni aspetti della questione (se ciò mi sarà possibile), mentre non è mio intento offendere nessuno».

Le fonti che tramandano la memoria di Yeshua sono tendenziose, osserva Bloom, studioso di formazione ebraica che tuttavia non si riconosce nel giudaismo normativo. E sono il Nuovo Testamento o scritti allineati oppure eretici. Testi tendenziosi perché il «loro scopo è palesemente quello di convertire i lettori (o gli uditori)». E precisa, inoltre, che scrivendo di Yeshua come di un personaggio «più o meno storico», intende affermare che «quasi tutti gli elementi veramente importanti che lo riguardano possono essere appresi esclusivamente da testi a cui non è possibile concedere piena fiducia. Le ricerche sul “Gesù storico”, anche quando vengono condotte dagli studiosi più autorevoli e attenti, finiscono invariabilmente per fallire. I ricercatori, per quanto scrupolosi siano, trovano soltanto se stessi, e non lo sfuggente e inafferrabile Yeshua, enigma degli enigmi».

Harold Bloom, nella sua lunga carriera di affermato critico letterario ha spesso trattato temi religiosi, accostandosi più volte alla sapienza degli scritti biblici. In questo suo ultimo lavoro conduce un confronto tra le due figure divine che stanno alla base dell'ebraismo e del cristianesimo.

«In tutto il Nuovo Testamento non c'è nemmeno una frase concernente Gesù che sia stata scritta da qualcuno che abbia mai incontrato direttamente il riluttante re dei giudei», annota ancora. E sottolinea le incoerenze e le contraddizioni disseminate da un capo all'altro dei Vangeli. Inoltre esamina la figura di Jahvè, che ritiene abbia più tratti in comune con il Gesù di Marco che non con il Dio Padre dei cristiani e delle tradizioni rabbiniche ebraiche di età posteriore. Sostiene pure che la Bibbia ebraica dei giudei e il Vecchio Testamento dei cristiani sono due libri profondamente diversi, scritti con propositi – politici oltre che religiosi – molto differenti.

In un tempo in cui la religione è venuta a occupare un posto centrale nella nostra vita sociale e politica, la provocatoria conclusione di Bloom, secondo la quale non esiste una tradizione giudaico-cristiana – poiché le storie, gli dei e persino i testi sacri degli ebrei e dei cristiani sono tra loro incompatibili – induce a rivedere tutto ciò che era ritenuto un patrimonio comune alle due fedi.