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RECENSIONI è la sezione dedicata a tutti coloro che amano avere la compagnia di un libro, magari che li aspetti la sera sul comodino. Proporremo un Libro Amico ogni settimana, indicandone il genere, il grado di difficoltà, i temi e le qualità.

Donatella Campus

«L’antipolitica al governo. De Gaulle, Reagan, Berlusconi»

Il Mulino, 250 pagine, € 14.00


L'antipolitica – scrive Donatella Campus, professore associato di Scienza politica nella Facoltà di Scienze politiche di Forlì, Università di Bologna – «è fondamentalmente un registro discorsivo applicabile a vari contesti. Nel definire il populismo, Taguieff usa termini appropriati anche a una descrizione dell'antipolitica: “stile politico suscettibile di dare forma a diversi materiali simbolici e di fissarsi pertanto in molteplici luoghi ideologici, prendendo la colorazione politica di ciò a cui si lega”. Come tale, l'antipolitica è un linguaggio che può essere utilizzato non solo da movimenti di protesta e di rottura che si affacciano da outsider sulla scena politica, ma anche da leader e partiti già integrati che intendono costruire una base di consenso popolare su un progetto di cambiamento del sistema politico. È possibile e auspicabile ricercare una classificazione delle forme di antipolitica, cercando di distinguere a quale schema ideologico la retorica antipolitica fa riferimento. Schedler propone una distinzione tra le forme di antipolitica che vogliono “rimuovere” la politica (ad esempio, le posizioni libertarie estreme e anarchiche) e le forme che vogliono “colonizzare” la politica subordinandola ad altre sfere (ad esempio, alla religione o alla tecnica)».

Il suo saggio, pubblicato dal Mulino, «L’antipolitica al governo. De Gaulle, Reagan, Berlusconi», si occupa del linguaggio utilizzato da leader, partiti e movimenti che si oppongono all'establishment politico denunciandone l'incapacità e/o la malafede nel governo dello stato e nella gestione della pubblica amministrazione.

L'antipolitica ha radici antiche, scrive ancora la Campus : «la si ritrova come elemento caratterizzante in movimenti come The People's Party nell' America di fine Ottocento e nelle comunità rurali russe a cavallo tra Ottocento e Novecento. E certamente, come stile del linguaggio politico, potremmo individuare esempi anche precedenti. Il motivo per il quale, tuttavia, il tema riveste oggi un indubbio interesse è che, nelle moderne democrazie occidentali, l'antipolitica si è diffusa in modo così rilevante nello spazio di pochi decenni che taluni studiosi la considerano ormai un elemento costante e ineliminabile dei regimi democratici».

I leader dell'antipolitica si oppongono a un establishment politico tacciato di immobilismo, inettitudine e corruzione. Ma ciò è solo un efficace esercizio di demagogia o può invece diventare un vero e proprio strumento di governo, al servizio di un progetto capace di trasformare il sistema politico? Fondamentale, da questo punto di vista, è la capacità di utilizzare i mass media, e in particolare la televisione, come tribuna da cui suscitare nei cittadini l'identificazione con una leadership forte e incisiva. Il confronto fra tre leader – de Gaulle, Reagan e Berlusconi – che, presentatisi come outsider, hanno poi ricoperto le massime cariche di governo e lasciato un segno profondo nella vicenda politica dei rispettivi paesi, permette non solo di comprendere meglio il fenomeno dell'antipolitica, ma anche di tracciare un bilancio inedito del percorso politico di Silvio Berlusconi e della sua, vera o presunta, eccezionalità.


Attilio Mazza



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