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Crescenzio Sepe

«Non rubate la speranza»

Mondadori, 168 pagine, € 17


Il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli dal 2006, nel libro pubblicato da Mondadori, «Non rubate la speranza», abbandona stereotipi e pregiudizi e racconta la sua città, “terra di sangue e speranza” nella sua verità.
Napoli non è solo «quella della camorra, della disoccupazione, dei delitti sotto casa», oppure «quella dello scandalo della monnezza»: «Napoli non morirà!», Lo scrive il cardinale Sepe di suo pugno nella quarta di copertina di questo libro per esprimere, al tempo stesso, «una certezza, un ammonimento, un augurio, un imperativo e anche un impegno» verso la città a cui è legato da «un profondo rapporto di tenerezza e di affetto, come tra figlio e genitrice». Una città, osserva ancora il porporato, che è un «universo misterioso e poliedrico, una cittàmondo, con le sue facce doloranti e patetiche, la sua ricchissima umanità».
Pur non rinunciando a criticare i lassismi di una certa politica e le connivenze della società civile, Sepe indossa quindi in questo libro gli abiti del pastore, del padre, del fratello e compie un viaggio nel cuore più nascosto di Napoli. Percorre le strade e i vicoli delle periferie più dissestate, incontra i sacerdoti che operano nelle numerose realtà parrocchiali sparse sul territorio della diocesi, promuove iniziative di solidarietà a favore dei più umili e dei più poveri e restituisce al lettore l'immagine di una Napoli piena di risorse e di fiducia nell'«altro», capace di accogliere e di amare con dignità, di scommettere su un futuro migliore. Compito dei cristiani, e della Chiesa con il suo magistero, in una città dove anche l'esistenza quotidiana appare difficile e rischiosa, è additare ai cittadini un percorso di fiducia e di speranza, animati in questo dal senso di responsabilità e dagli insegnamenti del Vangelo.
Il libro, che sta suscitato particolare interesse per il momento difficile che Napoli sta attraversando, quasi una risposta a Roberto Saviano, di cui lo stesso editore ha pubblicato «Gomorra».


Attilio Mazza