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Paolo Frascani

«Il mare»

Il Mulino, pagine 216, € 14,00


Gli italiani cominciarono a scoprire la vacanza al mare durante il periodo fascista. Lo ricorda Paolo Frascani, docente di Storia economica e Storia della società europea all’Orientale di Napoli nel libro, «Il mare», edito dal Mulino.
«Il paese che si affaccia alla soglia del conflitto mondiale – scrive Frascani – ritiene di essersi assicurato il dominio sul mare e di aver esteso la propria presenza alla sponda opposta. Si concede perciò qualche svago al riparo delle oscure paure provate verso ciò che si muove al di là della linea dell'orizzonte. Negli anni tra le due guerre diventa più diffusa la pratica della vacanza al mare. Le immagini del duce sull'arenile di Riccione, immortalato dai flash dell'Istituto Luce, fanno il giro del paese ed esprimono la piena legittimazione della villeggiatura da parte del regime, rivelando anche un cambiamento nel rapporto delle classi dirigenti con il mare, assurto da scenario di tempestosa navigazione nelle acque della politica internazionale a luogo di svago e di riposo».
Naturalmente il saggio di Frascani va ben oltre la scoperta della vacanza al mare. Per molto tempo, quasi fino alla fine del '700 – si legge nella sintesi editoriale –, il mare è rimasto custode estraneo e, a volte, ostile della storia civile del paese. I secoli successivi alla stagione d'oro del Mediterraneo cinquecentesco sono quelli che vedono l'eclissarsi dell'identità marittima del paese e del suo primato e conseguentemente del suo declino, in termini di lavoro, produzione e utilizzazione delle risorse. Nell'800 con l'apertura del canale di Suez lo Stato, facendo lievitare la fantasia e le ambizioni della sua borghesia e con l'opera di risanamento di uomini e ambienti, innescherà meccanismi decisivi per la riformulazione dei caratteri marittimi della società italiana. Ma, al di là delle apparenze, questo processo non riuscirà a elevare la consapevolezza di sé della nuova Italia marinara.
La nuova prospettiva, quella del mare come ambiente ideale per la vacanza, ribalta le vecchie concezioni – scrive ancora Frascani – «in aperta contraddizione con la proclamata vocazione marittima ed egemonica del “navigare necesse est”». Le storie di spiaggia parlano, adesso, dei riti della comunicazione amorosa e dell'iniziazione sessuale. Ma è anche vero – come è stato osservato a proposito del più «esplicito» romanzo di spiaggia della produzione letteraria interbellica, “Agosto, moglie mia non ti conosco” di Achille Campanile – che questo si verifica non senza esitazioni e perplessità che fanno trapelare gli imbarazzi di una società che deve ripensare, ex novo, i rapporti con il mare e la costa.
Tuttavia l’idea per un “consumo” diverso del mare, che conoscerà una fortuna crescente dagli anni Cinquanta, era ormai seminata non solo fra le masse italiane di vacanzieri, ma anche fra quelle straniere.


Attilio Mazza