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Lina Iannuzzi

«D’Annunzio e la Comarella»

Ianieri Editore, 158 pagine, €18,00

Lina Iannuzzi, autrice del saggio «D’Annunzio e la Comarella», pubblicato dall’editore Ianieri di Pescara, ebbe occasione non solamente di conoscere Antonietta Treves, moglie dell’editore Guido, “la Comarella”, appunto, per d’Annunzio, ma anche di frequentarla dal 1966 per un decennio, quasi sino alla sua morte, avvenuta «senza clamore» il 2 ottobre 1978.
Fu così possibile alla Iannuzzi raccogliere i ricordi di una protagonista della vita culturale milanese. Il libro della Iannuzzi (che si aggiunge al recente epistolario inedito «Antonietta Treves e d’Annunzio» pubblicato dal noto studioso pescarese Franco Di Tizio, sempre per i tipi di Ianieri) è soprattutto ricco di notizie sull’ambito culturale frequentato dalla Treves; fu, infatti, in amicizia con numerose personalità del mondo letterario lombardo, a cominciare da Salvator Gotta.
Quanto al rapporto con d’Annunzio le nuove testimonianze sembrano ribadire che fu solamente di grande confidenza e di amicizia e non d’intimità, come altri avevano ipotizzato, alla luce di alcune allusioni fatte dallo stesso poeta. D’Annunzio fu testimone di Guido Treves alle sue nozze con Antonietta Pesenti nel 1909. E da quel giorno la signora Treves divenne non solo “la Comarella”, ma anche “Antho”. Nella lettera del Capodanno 1921 alla cara Comarella si rammaricò del mancato appuntamento al Vittoriale e ambiguamente le scrisse: «debbo sempre assaporarvi». E lei nel marzo del 1937, un anno prima della morte di d’Annunzio, gli scrisse: «Vorrei venire sola da te, un pomeriggio; rubarti un’ora, rivederti. Non ha altro fine la mia visita, la nostalgia di te… ed è quasi un anno che non ti rivedo! Sedermi ai tuoi piedi come una volta».
La Iannuzzi, sulla natura del loro legame, si limita ad affermare che alcuni autori, fra cui Pietro Chiara e l’ex presidente del Vittoriale Andreoli, hanno voluto «intravedere tra i due corrispondenti un rapporto erotico» nelle lettere inviate da Gabriele alla Comarella fra la metà del giugno del 1924 e la fine del 1925, avallando così l’incertezza della relazione.
Interessante, in questo ambito, la documentazione fornita sull’Ultima Clematide, Evelina Morasso, avvenente moglie del conte Scapinelli, che la Treves accompagnò al Vittoriale probabilmente il 27 maggio 1936, come il poeta precisò a Luisa Baccara informandola che la sconosciuta era stata guidata «dalla affettuosa perfidia di Antho». E la bella e ancor giovane donna diventerà per lui Manah, Maya, Titti, secondo il suo speciale gusto onomastico di appropriarsi delle persone assegnando loro nuovi nomi.

Attilio Mazza