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Massimo Livi Bacci
«Avanti giovani, alla riscossa. Come uscire dalla crisi giovanile in Italia»
Il Mulino, 118 pagine, € 10,00

«Ci sono pochi giovani nella popolazione italiana: all'inizio del secolo scorso un italiano su quattro aveva tra i 15 e i 30 anni; oggi, nel 2008, uno su sei e nel 2020 uno su sette. Scegliendo altre combinazioni di età, i risultati sono analoghi. Due domande sorgono spontanee; la prima è se l'età cosiddetta “anagrafica” sia un buon indicatore dell'inizio, e della fine, del ciclo di vita giovane. La risposta è presto data: non lo è, perché la variabilità dei tratti individuali (biologici, sociali) è tale che qualsiasi confine netto, da un lato o dall'altro, risulterà inadeguato per un certo numero di persone. E anche il singolo individuo acquisisce lentamente i tratti che lo portano a essere adolescente, piuttosto che bambino, e poi adulto, piuttosto che giovane, e il “taglio” netto tra le fasi della vita appare artificioso. Tuttavia, ragionando a un livello aggregato, bisogna rassegnarsi a dare tagli netti al ciclo di vita, considerando ancora giovane chi è a un minuto secondo di distanza dal limite, e non più giovane colui che da un minuto secondo tale limite ha superato».
Così scrive Massimo Livi Bacci, professore di Demografia nell'Università di Firenze, autore di molte pubblicazioni, socio dell'Accademia dei Lincei e Senatore della Repubblica, introducendo il proprio saggio «Avanti giovani, alla riscossa. Come uscire dalla crisi giovanile in Italia», edito dal Mulino.
La radiografia tracciata dello studioso rileva che pur essendo molti di meno, i giovani italiani percorrono assai più lentamente che in passato – e rispetto ai coetanei europei – le tappe che portano all'autonomia dell'età adulta. Completano gli studi, entrano nel mondo del lavoro, mettono su casa, formano la loro famiglia assai più tardi di prima. Pur vivendo bene, in larga misura grazie alle risorse dei genitori, contano poco nella società, nelle professioni, nella politica, nella ricerca, nelle imprese. Con pochi giovani, scarsamente valorizzati, il nostro paese appare stanco e incapace di slancio, e non all'altezza di uno scenario globale che non fa più sconti a nessuno. Eppure le soluzioni possibili non mancherebbero, intervenendo sul sistema educativo, sul mercato del lavoro, sulla previdenza e – in generale – attuando politiche capaci di smontare la sindrome del ritardo che attanaglia le nuove generazioni.



Attilio Mazza