CULTURA - A cura di Paola Bonfadini

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Guerrieri della cultura:
Il ritorno del dinosauro di Piero Dorfles


“Mi faccio portavoce e mi autonomino paladino della riscossa dei dinosauri. Propongo di recuperare l’orgoglio di essere fuori moda e controcorrente”: così esordisce Piero Dorfles, giornalista e critico letterario, descrivendo e stigmatizzando in tredici agili e sferzanti saggi le contraddizioni e le ombre dell’Italia attuale (PIERO DORFLES, Il ritorno del dinosauro. Una difesa della cultura, Garzanti, Milano 2010, p. 10).
L’autore con uno stile chiaro e comprensibile, a tratti accattivante, esamina vari aspetti della modernità italiana e s’interroga sulle cause che stanno portando la nostra nazione verso un inesorabile declino anche culturale.
Nel primo saggio (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Dinosauri alla riscossa, pp. 7-10) il giornalista definisce se stesso e tutti coloro che credono nel valore formativo ed innovativo della cultura “dinosauri”, perché l’animale preistorico diviene il simbolo d’idee e atteggiamenti improntati sulla presa di coscienza etica e civile.
Il valore della storia e “la necessità di recuperare la consapevolezza di quanto accade” costituiscono, invece, i temi-chiave del secondo saggio (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, I diligenti aguzzini, pp. 11-18), mentre nel terzo articolo (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Mitridatizzati al peggio, pp. 19-32) l’autore sostiene che i mass-media moderni, e in particolare la televisione, non formano più il pubblico, ma inculcano un’ignoranza diffusa, fatta di assuefazione alla volgarità. Una simile situazione “apre un problema di effetti sociali. Non perché una tv involgarita metta in discussione la capacità di avere buon gusto; piuttosto la capacità di avere gusti, di saperli esplicitare in modo maturo, di giudicare la qualità del prodotto del quale si è fruitori e quindi, in definitiva, la capacità di un giudizio adulto.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Mitridatizzati al peggio, p. 21).
Nel quarto saggio (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Una noia variegata, pp. 33-42), si afferma che la proposta dei palinsesti televisivi è ormai improntata su di una vera e propria noia diffusa. E il degrado del servizio televisivo è legato pure alla progressiva separazione tra intellettuali e forme della comunicazione con un coinvolgimento sempre meno frequente da parte delle persone di cultura nell’organizzazione professionale ed ideativa dei programmi stessi (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, La prigione che ci siamo costruiti, pp. 43-54).
Ma come è possibile, allora, informare e educare?
La risposta non è facile, lo scrittore, però, evidenza che nel corso di decenni in Italia la scuola è stata progressivamente sostituita da altre “agenzie educative”. Si è arrivati, quindi, ad un Paese disunito e disilluso in cui conta avere i “contatti giusti” per emergere e farsi tutelare: “la società non è meglio della sua classe politica, e se non se ne disfa vuol dire che si sente bene rappresentata.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, I succedanei operosi, p. 57).
Il critico letterario commenta così: “Noi dinosauri abbiamo la certezza che di ogni cosa, compresi gli strumenti di trasmissione del sapere - scuola, università, mezzi di comunicazione -, si valuti oggi molto più il peso finanziario e la ricaduta economica piuttosto che il peso morale e culturale; e che si sia persa di vista la ricaduta sul benessere non puramente materiale della collettività. Credo che la portata di questo cambiamento sia più vasta di quanto non si pensi.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, La classe digerente, p. 69).
La scuola, d’altro canto, riflette i mali e la contraddittoria mentalità della comunità: “è venuta meno la convinzione della collettività che il momento educativo (a casa e a scuola) sia il presupposto per dare ai giovani non solo solide basi culturali, ma anche coscienza di sé.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, La scuola del sorriso permanente, p. 93), in quanto “il conformismo culturale è un’ipoteca sul futuro di un’intera nazione.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, La scuola del sorriso permanente, p. 99).
La cultura, al contrario, risulta fondamentale, poiché aiuta ad affrontare la complessità del reale: “I dinosauri, nel corso dei millenni, hanno imparato che la cultura non serve ad orientarsi in un mondo grande e terribile, quanto piuttosto a capire perché il mondo è grande e terribile e non piccolo e amichevole.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Leggere, scrivere e far di conto, p. 109), “intelligenza è saper maneggiare concetti astratti, e cultura è averne metabolizzati tanti.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Leggere, scrivere e far di conto, p. 112). L’arroganza dell’ignoranza può portare solo alla catastrofe: “Chi sostiene che leggere è inutile, chi si vanta di non leggere, chi non si preoccupa che i giovani leggano, chi, come il Grande fratello di 1984, sostiene che «l’ignoranza è forza», sta già affilando le armi per le prossime dittature (sia pure addomesticate), per le prossime guerre, per le prossime persecuzioni, per la prossima barbarie.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Leggere, scrivere e far di conto, p. 118).
Persino, poi, i giornalisti, che avrebbero il dovere morale e professionale d’informare il più oggettivamente possibile si trasformano sempre più in docili “cani da salotto”, in cui domina la “smania di professionismo” e “l’ossessione del mercato” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Cani da salotto, pp. 119-137).
In un quadro tanto negativo non si salva neppure la comunicazione mediatica che propone sempre più trasmissioni e notizie parcellizzate e frammentate (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Una comunicazione senza contenuto, pp. 139-152) senza seri ed utili approfondimenti.
E un’ulteriore conseguenza di tutto ciò è lo svilire la cultura in nome dell’economicità dell’esistenza, benché lo scrittore sostenga che “senza cultura non c’è benessere e viceversa. Senza la capacità di guardare oltre le soddisfazioni materiali, senza una spinta ideale, senza utopie, verrebbe da dire, non c’è sfida per il futuro, non c’è slancio vitale e non ci sono nemmeno aziende con i conti in ordine.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Ammalarsi di dollarite, p. 163). Egli aggiunge che “la cultura della collettività non può essere affidata solo al libero mercato e agli interessi degli imprenditori: l’informazione, i processi di formazione dei valori e delle coscienze sono un bene di tutti, sono interesse collettivo e come tali devono essere oggetto di un’opzione culturale.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Ammalarsi di dollarite, p. 165).
Un cambiamento, per potersi operare, deve, inoltre, avvenire a livello di rapporti familiari e sociali, in cui valori condivisi d’impegno e solidarietà dovrebbero essere alla base di un fondamentale rinnovamento etico (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Tribalismo metropolitano, pp. 169-182).
Ecco allora la “ricetta” proposta dal “giornalista-dinosauro”: essere consapevoli di sé, dei propri diritti e doveri di cittadino ed agire partendo dal proprio vissuto personale, dopo che le grandi scuole di formazione etico-politica cattolica e marxista hanno, in un certo senso, fallito. Dorfles commenta: “A me pare evidente che, per uscire da questa cupa prospettiva, l’Italia abbia bisogno di una rigenerazione che non può che passare attraverso una svolta di carattere culturale.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Il dinosauro ben temperato, p. 192); “i momenti di passaggio, di crisi, possono essere molto fecondi, e i dinosauri non hanno alcuna tentazione di fermare la storia, ma di salvaguardare quello che è irrinunciabile sì. Ecco tutto.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Il dinosauro ben temperato, p. 193).
Ognuno, in conclusione, è chiamato a fare la propria parte: “È qualcosa che riguarda la responsabilità individuale, non quella collettiva. Non dobbiamo più sperare negli altri, dobbiamo sperare in noi stessi. Ecco perché abbiamo bisogno del dinosauro che è in noi. Perché i dinosauri sono antichi e si sono evoluti nel tempo, perché sanno che, al di là dei grandi capovolgimenti collettivi, quando non ci sono più opportunità di movimenti di massa è dall’impegno dei singoli che nascono i cambiamenti, che è sempre sbagliato sperare in provvidenziali capovolgimenti radicali. Chi continua a sognare improvvise rivoluzioni, in fondo, dimostra lo stesso infantilismo di chi si adagia nell’immobilismo, con in più un ribellismo individualistico coltivato solo per un gusto di rivalsa e per un bisogno di soddisfare ambizioni personali.” (PIERO DORFLES, op. cit. 2010, Il dinosauro ben temperato, p. 196).

Per saperne di più

PIERO DORFLES, Il ritorno del dinosauro. Una difesa della cultura, Garzanti, Milano 2010.