Il pianeta di Paola Bonfadini

CINQUANTASETTESIMA TAPPA


Convegni di Cultura

MARIA CRISTINA DI SAVOIA

Brescia

Salone “Alessandro Luzzago” Parrocchia di Santa Maria Calchera Brescia

Mercoledì 7 febbraio 2007 ore 16.00

Voce di dolcezza e di diletto:

l’amore nelle arti tra XVI e XVII secolo

Amore per la donna, idealizzata o reale, amore per una dimensione trascendente, amore per il sapere: questi i fili conduttori che possono aiutare a comprendere la complessa cultura tra Cinquecento e Seicento nelle varie arti in Italia.

Il contesto storico e culturale italiano

Lo straordinario rigoglio culturale della nostra penisola è, però, controbilanciato dalla drammatica e ambigua storia politica segnata da guerre e devastazioni. Mentre infuriano le lotte per il predominio nel Paese (1494-1556), preda di eserciti invasori e di signorotti in lite continua, mentre infiammano i contrasti con il mondo protestante sfociati nel Concilio di Trento (1545-1563), vivono e creano splendide opere artisti come Leonardo (1452-1519), Raffaello (1483-1520) e Michelangelo (1475-1564), musicisti come Vincenzo Capirola (1474-1548 ca.) e Orazio Vecchi (1550-1605), scrittori quali Machiavelli (1469-1527) e Ariosto (1474-1533), Guicciardini (1483-1540), Tasso (1544-1595) e Battista Guarini (1538-1612), Veronica Gambara (1485-1550) e Baldesar Castiglione (1478-1529). Nel passaggio dal Rinascimento al Manierismo, quindi, le arti costruiscono poco a poco un mondo alternativo, in cui la triste realtà pare depurata e sublimata in nome dell’ideale “di bello e di buono” ispirato alle teorie neoplatoniche riscoperte e diffuse da Marsilio Ficino nella Firenze ancora di Lorenzo il Magnifico (1449-1492).

La pace di Cateau Cambrésis (1556) tra le potenze europee sancisce ufficialmente la fine dello sciagurato “secoli in armi”, ma anche decreta l’inizio del predominio spagnolo in gran parte della penisola: si afferma una nuova situazione geopolitica che vede il trionfo della “meraviglia”, dello sfarzo, dello stupore, accanto all’incessante desiderio di conoscere e tentare di comprendere l’affascinante “libro dell’universo”.

La guerra dei Trent’Anni (1618-1648), invece, lambisce il nostro territorio, preda, però, di pestilenze (la peste “manzoniana” del 1628). Il cerimoniale di corte, una cultura divisa tra dettami controrifomistici e aspirazioni di conoscenza caratterizza il Seicento in Italia e non solo. Se le grandi scoperte geografiche allargano a dismisura gli orizzonti del possibile a livello mentale ed economico, la rivoluzione scientifica di Copernico, Keplero e Galileo Galilei (1564-1642) pone l’attenzione sulla natura, oggetto da investigare con tenacia e curiosità. L’affermarsi, inoltre, di forme espressive musicali, come la polifonia di Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525 ca.-1594) e dei Gabrieli, il recitar cantando della Camerata de’ Bardi, la nascita del melodramma (1600, Peri,  Rinuccini, Caccini, Euridice; 1607, Orfeo, Claudio Monteverdi 1567-1643), l’oratorio (Emilio de’ Cavalieri, Agostino Manni, Rappresentazione di Anima et Corpo, 1600), la dignità della musica vocale profana e sacra, con le cantate e i corali, della sonata da camera forniscono interessanti spunti fra tradizione ed innovazione. Nel Seicento convivono, così, luci ed ombre, il cannocchiale di Galileo e i processi alle streghe, le reduciones dei Gesuiti in America Latina e le rigide indicazioni sull’arte sacra del Cardinal Paleotti, Gian Battista Marino e la sublimazione bucolica dell’Arcadia. E come non ricordare, per l’ambito delle arti figurative, il cenacolo classicista dei bolognesi Carracci e il forte sentire di Caravaggio (1571-1610) e dei suoi epigoni, accanto ai francesi Claude Lorrain (1600-1682) e Nicolas Poussain (1594-1665) con gli splendidi paesaggi arcadi.

L’amore per la donna

In un’età tanto articolata, l’amore si carica, dunque, di differenti significati. Esso, ad esempio, tra Cinquecento e Seicento, è “sacro e profano”, cioè per una donna, concreta o ideale, oppure oggetto di fede. Nella cultura cinquecentesca italiana, in particolare, assistiamo alla definizione teorica e pratica di ciò che vuol dire “donna” nell’immaginario culturale maschile del tempo. Machiavelli, nella Mandragola, celebre commedia del 1518, fa di Lucrezia, graziosa moglie, all’inizio fedele al vecchio marito Messer Nicia, il simbolo delle teorie politiche e morali espresse nel Principe. L’uomo è lupo per l’uomo e la protagonista femminile, accettando l’inganno del giovane amante Callimaco, prende atto che il mondo è dei furbi e degli ipocriti. Il pessimismo esistenziale dell’autore fiorentino rovescia l’immagine virtuosa cara alla cultura classica di stampo umanista. Ma è con il Cortegiano del Castiglione, edito nel 1528, che l’amore per la donna diventa soggetto di una profonda e raffinata analisi di matrice cristiano-platonica. La donna di palazzo bella, affabile, gentile, abbastanza colta, ha il dovere d’intrattenere il compagno all’interno del matrimonio stesso. Non c’è più spazio, allora, per la trasgressione silenziosa degli amori extraconiugali non consumati di Dante e Petrarca: Beatrice e Laura non sono più adeguate alla mentalità cinquecentesca; si affermano, attraverso le voci petrarchiste, il prototipo della moglie-poetessa virtuosa alla Veronica Gambara, della cortigiana-prostituta pentita come Veronica Franco (1546-1591) o dell’amica-orante Vittoria Colonna (1490-1547), cara a Michelangelo.

La donna terrena, perciò, sia essere concreto oggetto di passione e sensualità sia creatura idealizzata, amata intensamente nell’assenza, è presente in parecchie rappresentazioni artistiche, dai madrigali, alle composizioni per liuto (intavolature), agli scintillanti ritratti delle coperture lignee di palazzi nobiliari.

Un sentimento intriso di sensualità e di fede si coglie, poi, più che nell’Orlando Furioso (1532) di Ludovico Ariosto, nelle struggenti e malinconiche pagine dell’Aminta del Tasso (1573-1575) o nella Gerusalemme Liberata con la fuga di Erminia, principessa pagana infelicemente innamorata del guerriero cristiano Tancredi (Canto VI), o nel drammatico duello tra gli innamorati Clorinda e Tancredi stesso (Canto XII).

L’amore per il sacro

L’amor sacro, tuttavia, inteso come fede incrollabile e risorsa contro la disperazione persiste e spesso si intreccia nell’immaginario specialmente pittorico tra XVI e XVII secolo: ad esempio, al progressivo processo di umanizzazione del tema religioso tipico della pittura lombarda di realtà da Foppa a Savoldo (Natività), si passa alla realtà drammatica e spesso crudele di tante scene di Caravaggio (Morte della Vergine ecc.), in cui desacralizzazione viene portata alle estreme conseguenze.

L’amore per la conoscenza

L’amore per la conoscenza, per il sapere costituisce, infine, un ulteriore concetto-chiave del periodo trattato. Accanto all’amore per la cultura antica classica si assiste, anche grazie alle varie scoperte ed innovazioni, sovente in contrasto con le verità rivelate o supposte tali, ad una diversa maniera di vedere il mondo. Galileo capisce l’importanza di guardare nel gran libro dell’universo “provando e riprovando”, gli studi di medicina, di anatomia, inoltre, descrivono l’individuo quale meccanismo da scomporre. Ecco, allora, che a livello figurativo, realtà, simbolo e fantasia si fondono con esiti spesso originali e strani: gli oratori filippini  personificano concetti teologici e morali per portare ad un pubblico più vasto temi e valori; il volgare può essere il modo, come nel Saggiatore di Galilei, di diffondere meglio la cultura scientifica.

Non manca, però, nell’ultimo quarto dei Seicento, il tentativo di riportare e riprodurre un ordine ed un equilibrio che, soprattutto nella magniloquenza barocca, era venuto meno. Dagli intellettuali dell’Arcadia, deriveranno le lucide considerazioni sulla letteratura degli antichi e dei moderni di Gian Vincenzo Gravina (1664-1718) nella Ragion poetica (1708), fino, in pieno Settecento, ai famosi melodrammi di Pietro Metastasio (1698-1782).

PER SAPERNE DI PIÙ

¯    La rèvolution du Baroque italien, Edizioni Harmonia Mundi, 2005.

¯    Emilio de’ Cavalieri, Agostino Manni, Rappresentatione di Anima e Corpo, Naxos 1998.

¯    Luigi Rossi, Oratorio per la Settimana Santa , Les arts florissants, William Christie, Harmonia Mundi, Arles 1989.