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A cura di Rosa Roselli Tutti i diritti riservati |
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GENGIS KHAN E IL TESORO DEI MONGOLI
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Gengis Khan, stampa, 1780 “Popoli, sapete di aver commesso grandi peccati. Lo dico perché io sono la punizione di Dio. Se non aveste commesso grandi peccati, Dio non avrebbe mandato uno come me a punirvi” (Gengis Khan). Temucino o Temujin, il “fabbro” ossia Gengis Khan, è uno di quei personaggi omologati sotto la bandiera del revisionismo, pur appartenendo ad un mondo culturale diverso e, per di più, in conflitto.
Gengis Khan è colui che ha portato le tribù nelle gelide praterie della Cina settentrionale e, da quando (1949)
La mostra in oggetto è un’ampia panoramica su quattro secoli di storia, è un viaggio nella civiltà cinese dal X al XIV secolo, ossia dal 907, fine della Dinastia Tang, al 1368, periodo in cui cade
Adriano Màdaro, sinologo, da oltre trent’anni coltiva la sua passione per
La mostra tocca anche il periodo precedente a Gengis Khan, quello delle Cinque Dinastie e dei Dieci Regni (907 – 960). Della potente Dinastia Liao (907-1125) ci sono eccezionali testimonianze di reperti d’oro finemente lavorati: corone principesche, selle e finimenti per cavalcature, gioielli di giada e di ambra, porcellane, armi. Di particolare bellezza gli oggetti provenienti dalla dote funebre di una principessa diciottenne, ritrovata, dopo mille anni, intatta nella sua tomba, facente parte di un cimitero dinastico segreto. La principessa, in procinto di dare alla luce un figlio, ma deceduta per un’infezione maligna (1018), è stata sepolta con il marito, morto a 26 anni l’anno prima, in una tomba, la cui struttura richiama le “ger”, le tradizionali tende circolari dei Mongoli; è formata da tre stanze scavate nella roccia. La più grande avrebbe accolto gli sposi, nelle altre due sarebbero stati deposti il corredo funebre e le bardature dei loro cavalli. Le pareti delle stanze furono decorate con affreschi di servitori pronti ad offrire tazze di te, mentre sul soffitto, sopra il catafalco, furono disegnate due gru in volo nel cielo stellato, pieno di pianeti, per ricordare il viaggio degli sposi verso l’eternità. A metà Anni Ottanta, nella Mongolia interna, durante uno scavo, si scopre questa tomba. Nelle stanze ancora sigillate tutto è perfettamente conservato. I giovani sposi sono sul letto funebre, uno accanto all’altra, i volti sono coperti da maschere funebri in oro e in argento, gli abiti sono preziosi e hanno cuciti gioielli, collane, borsette, amuleti, cinture…Tutto in ambra, giada, oro, argento. Anche i copricapo, gli stivaletti e i poggiatesta sono in argento cesellato con figure di fenici che spiccano il volo verso un cielo pieno di nuvole, gonfie di vento. Tra tutti i tesori è eclatante un piccolo oggetto di giada bianca con raffigurate due oche che intrecciano i loro colli. E’ un simbolo d’amore e di fedeltà coniugale. Del periodo 907-960 si ammira in mostra un bassorilievo dipinto che riprende un gruppo di musicisti con i loro strumenti musicali, mentre nella sezione dedicata all’arte dei Song (960 – 1279) si apprezzano bronzi, sculture, porcellane.
Orchestrali con i loro strumenti
Nella sezione che celebra
Con il richiamo a Marco Polo si chiude la mostra, omaggio questo dovuto al grande esploratore veneziano che fece conoscere
Marco Polo
La mostra è visitabile fino al 4 Maggio 2008
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