ARTE - A cura di Rosa Roselli
Tutti i diritti riservati
A cura di Rosa Roselli

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GAROFALO,
PITTORE DELLA FERRARA


(Ferrara, Castello Estense)

“Lavorò Benvenuto venti anni continui, tutti i giorni di festa, per l’amor di Dio, nel monasterio di San Bernardino, dove fece molti lavori d’importanza a olio, a tempera et a fresco; il che fu certo meraviglioso. Sono opere di ragionevole componimento, con bell’arie di teste, non intrigate e fatte certo con dolce e buona maniera.” (Vasari, Vitae, 1568)




Garofalo, Allegoria di Ercole d’Este e di Ferrara, 1534, Vienna


Benvenuto Tisi (Ferrara 1481-1559), detto il Garofalo, ebbe tale soprannome, cui il pittore fu solito alludere dipingendo talvolta un garofano sulle sue tele, dal paese di origine del padre, nel Polesine di Rovigo.
Poiché il giovane Benvenuto mostrava inclinazione alla pittura, il padre lo affidò per l’apprendistato a Domenico Panetti di Ferrara. Egli completò la sua formazione artistica a Cremona con Beccaccino, quindi a Roma e infine a Mantova con Lorenzo Costa. Ritornato a Ferrara in seguito alla malattia del padre, vi rimase per quattro anni. Nel 1505 si recò nuovamente a Roma, dove potè ammirare i lavori di Raffaello, con il quale strinse amicizia, e di Michelangelo. Per motivi a noi sconosciuti lasciò Roma per Ferrara, dove lavorò in molte chiese e per gli Estensi. Sposatosi nel 1530 con Caterina Scoperti, figlia di un tintore milanese, Garofalo avrebbe poco dopo perso un occhio e questa sventura l’avrebbe portato a professare una profonda devozione per Santa Lucia al punto da fare voto di vestire sempre di grigio, se avesse avuta la grazia di mantenere sano l’altro. Nonostante la parziale perdita della vista, ebbe moltissime commissioni, ma, nel 1550, divenne completamente cieco, dedicandosi da quel momento, per conforto, a suonare il liuto. Morì il 6 Settembre 1599 e fu sepolto in Santa Maria in Vado a Ferrara.




Garofalo, San Pietro e San Paolo, Ferrara


Nella pittura del Garofalo si notano la tendenza ad un classicismo dai toni equilibrati e l’amore per le composizioni aperte su grandi paesaggi, pur inclinando l’artista ad un naturalismo manierato. Nella sua produzione è evidente che l’artista sente l’influsso della pittura lombarda, non esente da suggestioni dureriane, quindi nordiche, ma è anche attento alle novità che provenivano da Venezia.
Amico di Giorgione, ne è suggestionato sia nell’uso del colore che nella rappresentazione paesaggistica. Infatti nella “Natività” del 1513 il contrasto tra le tinte brillanti del paese, i monti azzurrini e la città scolorita è tutto giorgionesco. Dopo il 1515 l’arte del Garofalo mostra un certo scadimento, in quanto l’artista “si fa minuto, cartaceo” (Longhi) e, secondo i critici, la sua pittura diventa un bell’esercizio calligrafico. Tuttavia la sua genialità, la dignità nel creare e la capacità di ritrarre dal vero rendono il Garofalo un pittore degno di tale nome.



Garofalo, Madonna in trono e Santi


La mostra è visitabile fino al 6 Luglio 2008.


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