A. Funi, La sorella Margherita con brocca di coccio, 1920
Due grandi Maestri della pittura del Novecento, uniti da esperienze culturali comuni, protagonisti del movimento “Novecento Italiano”, sono accomunati in un’unica rassegna che espone più di centoventi opere.
Virgilio Socrate Funi, detto Achille (Ferrara 1890-Milano 1972), frequentò il Corso Artefici e il Corso artistico presso
la Civica Scuola
di Belle Arti “Dosso Dossi” di Ferrara. Trasferitosi a Milano con la famiglia nel 1906, Funi si iscrisse all’Accademia di Brera, dove conobbe Carrà, Sant’Elia, Bucci. Seguì poi i corsi speciali di pittura tenuti da Tallone, ai quali solo pochi allievi avevano accesso. Dopo un periodo d’incertezza e dopo aver subito l’influsso del Futurismo, nel 1912 Funi cominciò a partecipare ad esposizioni alternative a quelle ufficiali con Dudreville, Sant’Elia ed altri. Partecipò alla prima guerra mondiale da volontario; sottoscrisse alcuni documenti teorici importanti per l’evoluzione della pittura italiana: “Circolare sulla pittura d’avanguardia e futurista” con Marinetti e Russolo e il “Manifesto contro tutti i ritorni in pittura” con Dudreville, Russolo e Sironi.
A. Funi, Bagnante, 1929
La sua nuova produzione pittorica apparve in alcune mostre personali e collettive a partire dal 1920 e, nel 1922, si unì al gruppo dei “Sette pittori del Novecento italiano”, sostenuto dalla Sarfatti e dalla galleria Lino Pesaro. Ben presto nel gruppo si delinearono precise posizioni: Funi e Marussig rimasero legati alla Sarfatti che intendeva fare di “Novecento” il gruppo più rappresentativo della cultura artistica italiana, riallacciandosi alla tradizione. In questa fase l’attività artistica di Funi risente ancora della pittura a cavalletto. Nel 1930 maturò in lui l’interesse per la pittura ad affresco di grandi dimensioni, per cui produsse numerosi affreschi, come quelli per l’abside della Chiesa di San Giorgio a Palazzo (Mi), “I giochi atletici italiani” per il Palazzo dell’Arte sempre a Milano; il “Cristo in trono con due angeli” per
la Chiesa
di Cristo Re a Roma. Dal 1934 al 1937 è a Ferrara per il ciclo “Il mito di Ferrara” per il Municipio cittadino. Tra il 1936 e il 1939 fu a Tripoli, ove decorò
la Chiesa
di San Francesco e il Palazzo del Governo. In questi anni ebbe anche molte cariche, tra le quali si ricorda la cattedra di affresco presso l’Accademia di Brera, di cui, nel 1944, divenne direttore. Terminata la tempesta bellica, Funi diede le dimissioni dall’insegnamento per esserne poi reintegrato nel 1947. Continuò quindi con le sue opere murali, commissionategli prevalentemente da Enti religiosi.
P. Borra, Composizione (le amiche), 1924
Pompeo Borra (Milano 1898-1973) frequentò l’Accademia di Brera, ma nella sua formazione si attenne agli illustri esempi del passato, in quanto i suoi Maestri sono Giotto, Masaccio, Vittore Carpaccio, Tiziano e Correggio senza, però, mai cadere nel manierismo imitativo. La classicità gli è stata da guida, gli ha suggerito il rispetto per la forma, per l’inquadratura solida del soggetto; lo ha spinto a sviluppare una grande abilità tecnica e gli ha insufflato l’amore per il colore. Ben presto si avvicinò al gruppo “Novecento” per cui abbandonò i colori cupi e terrosi della giovinezza e condivise con Funi la necessità di dare maggior attenzione al volume, al peso, alla corposità degli oggetti così da esprimere l’idea di un mondo che persiste, cui egli aggiunse il sentimento di sospensione del tempo, permettendo in tal modo ai critici di parlare di “realismo magico”. Anche lui volontario in guerra con Funi, divenne poi l’esponente più significativo della seconda generazione di “Novecento”. Borra sperimentò, negli Anni Trenta, anche la pittura astratta, ma tornò a privilegiare, negli Anni Quaranta, i paesaggi dall’atmosfera sospesa e pacata.
P. Borra, Il riposo, 1933
La mostra è visitabile fino al 22 Febbraio 2009.
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