Rubrica
a cura di Attilio Mazza


RCOSTRUIRE IL SENSO ETICO



Bernardo Giorgio Mattarella, «Le regole dell’onestà. Etica, politica, amministrazione», il Mulino, 210 pagine, € 17,50

I commenti, pubblici e privati, al libro di Sergio Rizzo e di Gian Antonio Stella, «La casta», edito da Rizzoli, confermano l’indignazione per i comportamenti privi di senso etico di una parte dei nostri uomini pubblici. Sembra che la mala amministrazione non conosca confini: dai concorsi truccati, ai fascicoli dispersi nei tribunali, agli sprechi di risorse pubbliche, a pratiche tangentizie.

Le statistiche internazionali ribadiscono che la debolezza del settore pubblico italiano è, innanzitutto, debolezza del personale, anche sul piano dell'etica. Nel 2005 il costo della corruzione in Italia è stato calcolato in 70 miliardi di euro (2,5% del Pil) e spesso l'amministrazione pubblica ne è stata il luogo privilegiato, in particolare nella gestione di beni e servizi condivisa con privati.

Sebbene la vita quotidiana delle istituzioni fornisca molti ammirevoli esempi di correttezza, Bernardo Giorgio Mattarella, docente di Diritto amministrativo all’Università di Siena, autore del saggio edito dal Mulino, «Le regole dell’onestà. Etica, politica, amministrazione», rileva che le norme di comportamento dei politici e degli impiegati risultano complessivamente inadeguate e lacunose, mentre i controlli sulla loro applicazione sporadici e inefficaci.

«Le regole dell’onestà», è un testo assai interessante e quanto mai attuale in questo momento di dibattito pubblico sui comportamenti dei nostri rappresentanti. Esso tratta, infatti, dei doveri di quattro o cinque milioni di persone: di tutti coloro che, in Italia, svolgono a vario titolo – in virtù di un rapporto di impiego, di un mandato politico, di una nomina o di un'attività professionale – funzioni nell'interesse della collettività.

Dopo aver esaminato i possibili rimedi preventivi alla corruzione e le più significative esperienze straniere e internazionali, Mattarella considera varie categorie di funzionari: i politici, con i loro conflitti di interessi; gli impiegati, con i loro codici di comportamento; i magistrati e, più in generale, gli organi di garanzia; e anche i privati che svolgono funzioni pubbliche.

Una soluzione al diffuso comportamento scorretto potrebbe essere l’adozione da parte di ciascun ente territoriale di un «codice di comportamento, mutuando quello statale» inserendovi principi ulteriori «come quelli del pluralismo, della tolleranza, della tutela delle minoranze». Oltre, naturalmente, ai necessari e rigorosi controlli.