Rubrica
a cura di Attilio Mazza

PAGANESIMO E CRISTIANESIMO NEL CULTO DEI SANTI



Marino Niola, «I Santi patroni», il Mulino, 188 pagine, € 13,50

«Identificare come petroniani i Bolognesi o come ambrosiani i Milanesi ci dà la misura del legame fondativo che la cittadinanza stringe con il santo che ne è il simbolo. Santa Maria, san Giovanni, san Giuseppe, san Michele, san Francesco, sant'Antonio, san Rocco, santa Rita, san Nicola sono non a caso fra i toponimi più diffusi, ma anche tra i nomi di battesimo maggiormente ricorrenti: i veri poli della geografia, della storia e del costume italiani. Tuttavia, nella storia del nostro paese, la pratica devozionale si sostanzia anche di aspetti più politico-sociali. Nei lunghi secoli che hanno preceduto l'unità del paese, la Chiesa è stata l'unico potere non straniero che ha rappresentato, soprattutto fra i ceti popolari, il tratto identitario effettivamente comune, l'unico mondo universalizzante in una realtà di particolarismi esasperati. Il culto per la Madonna (il cui patronato è di gran lunga il più diffuso), per i protomartiri cristiani, per i primi santi vescovi ha finito con il conferire loro il ruolo di taumaturgici "defensor civitatis", facendone al tempo stesso i depositari di consuetudini e memoria».

Così scrive Marino Niola, introducendo il libro «I Santi patroni», edito dal Mulino. L’autore, docente di Antropologia culturale nell'Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e Antropologia dell'alimentazione nelle Università di Pollenzo e Colorno, si è a lungo occupato della materia, pubblicando, fra l’altro, «Il corpo mirabile. Miracolo, sangue, estasi nella Napoli barocca», «Il Purgatorio a Napoli», «Il presepe».

Come scrive lo stesso Niola, la rilevanza del patrimonio onomastico riferito ai santi, è più che evidente: basta pensare ai nomi di persona e di luoghi più diffusi nel nostro paese e alla loro distribuzione geografica, a certi sinonimi che identificano ancora oggi l'appartenenza cittadina con il nome del santo protettore, per rendersi conto della capillare importanza del fenomeno patronale nel panorama italiano.

Il libro, muovendo dall’eredità del mondo antico, riferisce dei patroni delle mille patrie, del meraviglioso cristiano, dei vescovi e martiri, delle reliquie insigni, dei patroni di fatto e dei piccoli patronati di Maria e di altro.

La continuità fra il mondo pagano e il mondo cristiano trova un esempio significativo nella festa dei santi Pietro e Paolo (29 giugno), fondatori della nuova Roma cristiana, patroni della capitale e dalla Chiesa universale. «Non a caso – scrive Niola – la celebrazione del dies natalis dei due santi, che la chiesa ha voluto venisse fissata il 29 giugno, coincide con la data di un’antica festa pagana in onore proprio di Romolo e Remo» – fondatori della Roma pagana – che si è così voluto annullare.