ESOTERICA - A cura di Attilio Mazza
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VIZI E VIRTU’, DUE FACCE DI UNA MEDAGLIA



Gianfranco Ravasi, «Le porte del peccato. I sette vizi capitali»,
Mondadori, 242 pagine, € 17,50

Monsignor Gianfranco Ravasi, milanese, Prefetto della Biblioteca-Piancoteca Ambrosiana, docente di Esegesi biblica alla Facoltà teologica dell'Italia Settentrionale, e ben noto esperto biblista ed ebraista, autore di molte opere, ha pubblicato da Mondadori «Le porte del peccato. I sette vizi capitali».
Ravasi, citando lo scrittore austriaco Karl Kraus, afferma che vizi e virtù sono parenti, connessi come accade al carbonio per i diamanti. E ricorda che queste due fondamentali realtà umane si rivelano con una base comune, ma al tempo stesso sono antitetiche. Scrive che, come accade per molte situazioni, il positivo e il negativo sono polari, si richiamano fra loro e sono necessari per spiegarsi reciprocamente. Un po' come avviene in campo elettrico.
E per questo, dopo aver designato nel saggio «Ritorno alle virtù» - libro pubblicato nel 2005 -, il settenario virtuoso (fede, speranza, carità, prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), ora si rivolge all'orizzonte forse più infiammato e stuzzicante dei sette vizi capitali, tradizionalmente elencati come superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia e pigrizia.
I vizi hanno una base comune e si nascono all'interno della persona libera e cosciente attraverso un atto che nel linguaggio morale è definito peccato, colpa, trasgressione, delitto e così via. Ma per diventare vizio tale atto deve trasformarsi in un'abitudine accolta e coltivata. E’ come una deriva dalla quale ci si lascia beatamente trasportare senza più opporre resistenza se non in qualche sussulto transitorio.
In questo complesso rapporto fra individui e società si verificano vari confronti e contrasti. Siamo tolleranti con noi stessi e implacabili con gli altri, un'ipocrisia diffusa e che già Cristo aveva bollato con l'indimenticabile immagine della pagliuzza intravista nell'occhio altrui e della trave infitta nel proprio ma ignorata. Analizzare il repertorio dei vizi può essere quindi un sano esercizio di autocensura. Quello che però propone monsignor Ravasi è un itinerario oggettivo e descrittivo, anche attraverso questioni filosofiche, teologiche, etiche e morali che identificano e analizzano la sostanza ultima di ogni vizio e le caratteristiche per cui è tale.