ESOTERICA - A cura di Attilio Mazza
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QUELL'INDIFFERENZA DEL VIVERE



Sergio Benvenuto, «Accidia. La passione dell’indifferenza»,
Il Mulino, serie “I 7 vizi capitali”, 158 pagine, € 12,00


«Un pericolo micidiale pende sul capo del monaco, solo nel deserto di pietra in Egitto, dov'egli passa la vita cercando di rassomigliare, il più possibile, a Cristo. A mezzogiorno, quando il sole è al culmine nel cielo e il calore si fa opprimente, il “demone meridiano” – nemico frequente e spietato – si impadronisce dell'anima del solitario. Monakos in greco significa solitario e celibe – single, diremmo oggi –. Quei singoli, alquanto singolari, chiameranno akedia, in greco, questo flagello di mezzogiorno, termine poi latinizzato in acedia. L' “a” è privativo e kedos significava cura – 1'accidia è noncuranza, indifferenza, negligenza. È non aver cura di ... Oggi i traduttori italiani di quel termine preferiscono sconforto. Poi, dalle tebaidi egiziane – Nitria, Celle, Scete – l'acedia passa nei monasteri d'Occidente».
Così Sergio Benvenuto, psicoanalista e filosofo del lavoro, ricercatore al CNR, spiega che cosa sia l’accidia, introducendo il saggio intitolato, appunto, «Accidia. La passione dell’indifferenza», edito dal Mulino nella serie “I 7 vizi capitali”. L’autore ricorda che Giovanni Climaco affermava: «il medico visita i deboli di prima mattina, 1'acedia invece visita i monaci verso mezzodì». A quell'ora, scrive san Nilo l'homo religiosus se ne sta «torpido e come allibito»: non riesce a concentrarsi nella lettura, cade spesso in un sonno breve, dal quale si desta con un bisogno compulsivo di cibo.
E Cassiano in De instituis coenobiorum, aggiunge: «gli insinua dentro un orrore del luogo in cui si trova, un fastidio della propria cella e uno schifo dei fratelli che vivono con lui, che ora gli sembrano negligenti e grossolani».
L’accidia è dunque un attacco di menefreghismo; all’accidioso non gli interessa più nulla. E’ quindi pigrizia, tristezza, sconforto, inquietudine, indifferenza, noia e soprattutto depressione. Nella visione moderna e laica l’accidia è diventata una malattia psichiatrica che non sempre tuttavia si può curare.
Sergio Benvenuto esamina il fenomeno passando dai tempi degli antichi monaci a Baudelaire, dalla malinconia romantica di Leopardi alla noia del vivere di certi personaggi della letteratura russa sino all’angoscia esistenziale di Heidegger, Sartre e Camus.