ALLA RICERCA DELL’UNITÀ PRIMORDIALE
Julius Evola, «Metafisica del sesso»,
con saggio introduttivo di Fausto Antonini,
Edizioni Mediterranee, 346 pagine, € 19,63
Il barone Julius Evola (pseudonimo di Giulio Cesare Andrea Evola, Roma 1898-1974), è stato filosofo, poeta e pittore. E’ noto anche per i sui sudi sulla metafisica. Tra le sue opere «Metafisica del sesso» è tra le più diffuse, da poco nuovamente ristampata dalle Edizioni Mediterranee con saggio introduttivo di Fausto Antonini.
Il testo, pubblicato nel 1958 e ristampato molte volte, riguarda la forza magica e potentissima dell'atto sessuale, indagata attraverso lo studio dei simboli; magia rilevata da numerose tradizioni antiche occidentali e orientali. L’approfondito saggio è ricco di citazioni tratte da testi considerati sacri e filosofici.
Il termine "metafisica" è considerato da Evola in un doppio senso. Anzitutto, in quello di una ricerca del significato ultimo che hanno l'eros e l'esperienza sessuale, significato che porta al di là di tutto quel che è fisiologia, istinto di riproduzione, semplice carnalità o pallida sentimentalità. In secondo luogo, una ricerca volta a scoprire non solamente nelle forme più intense della vita erotica, ma anche nell'amore comune, baleni di una "trascendenza", rimozioni momentanee dei limiti della coscienza ordinaria dell'uomo e della donna e perfino apertura sul sovrasensibile.
Assai interessante l’interpretazione del mito platonico che Evola considera «fra quelli che alludono al passaggio dall'unità alla dualità, dall'essere alla privazione dell'essere e della vita assoluta. Il suo carattere distintivo e la sua importanza stanno tuttavia nel suo applicarsi, appunto, alla dualità dei sessi per indicare il significato segreto e l'oggetto intimo dell'eros. Come termine particolare di una nota sequenza relativa a ciò che veramente si cerca attraverso l'uno o l'altro scopo apparente e illusorio della vita ordinaria, già in una Upanishad si legge: “Non per la donna [in sé] la donna è desiderata dall'uomo, bensì per l’atma [pel principio "tutto luce, tutto immortalità]”. Il quadro, è lo stesso. Nel suo aspetto più profondo, l'eros incorpora un conato a superare le conseguenze della caduta, ad uscire dal mondo finizzante della dualità, a ripristinare lo stato primordiale, a superare la condizione di una esistenzialità duale spezzata e condizionata da “altro”. Questo è il suo significato assoluto; questo è il mistero che si cela in ciò che spinge l'uomo verso la donna, elementarmente, ancor prima di tutte le condizionalità presentate dall'amore umano nelle sue infinite varietà relative ad esseri, che non sono nemmeno uomini assoluti e donne assolute, ma quasi sottoprodotti dell'uno e dell'altra. Qui è dunque data la chiave di tutta la metafisica del sesso: “Attraverso la diade, verso l'unità”. Nell'amore sessuale va riconosciuta la forma più universale nella quale gli uomini cercano oscuramente di distruggere momentaneamente la dualità, di superare esistenzialmente la frontiera fra Io e non-Io, fra Io e Tu, la carne e il sesso facendo da strumenti per un'approssimazione estatica all'unizione. L'etimologia della parola “amore” data da un “Fedele d'Amore” medievale, per essere fantasticata, non è meno significativa: “La particella a significa ‘senza’; mor (mors) significa morte; riunendo, si ha ‘senza morte’», cioè immortalità».
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