Da questa settimana Esoterica ospita i contributi di Marcello Carraro, ricercatore spirituale che da anni indaga, attraverso letture e contatti, i problemi relativi alla realtà dello spirito che non si esaurisce nella conoscenza terrena ma prosegue in altre dimensioni in una evoluzione infinita.
INCONTRI VI
Parliamo di Dio
1°
di Marcello Carraro
«Uno cerco, Uno conosco, Uno canto, Uno contemplo.
Egli è l'Ultimo, Egli è il Primo, Egli e l'Intimo, Egli è il Fuori»
Giallâl ad-din Rûmî
Questi Incontri avrebbero dovuto iniziare spiritualmente e idealmente proprio con il tema della "figura di Dio",
la Causa Prima
, e con un pensiero riverente di omaggio e ringraziamento a Lui. Ma nella nostra condizione umana e materiale a volte è necessario salire per piani e per gradini, basta che la fede sulla Sua esistenza sia presente in noi come un pensiero di certezza saldo e incrollabile.
Altra ragione è quella che una trattazione su Dio – al di là della pietistica religiosa – possa apparire molto difficile da accettarsi e sconvolgente per molte coscienze, in una sorta di dissacrazione alla rovescia, che cerchi di ritrovare una piccolissima parte della vera realtà di una Divinità che ci è quasi del tutto sconosciuta. I millenni non ci hanno aiutato in questa conoscenza di Dio, tante sono state le aberrazioni con le quali è stato configurato e concepito. Parlare di Dio, o della figura del Padre come lo considerava il Cristo, sembra qualcosa che nella nostra epoca va scomparendo. Invece di essere
la Figura
centrale della nostra esistenza, la concezione di Dio si è allontanata – o addirittura persa – dal nostro contesto di vita, interiore o esteriore che sia.
Egli è lontanissimo e vicinissimo, contemporaneamente, secondo la nota affermazione agostiniana. Riguardo alla Sua vicinanza Gialâl ad-Din Rûmî, il grande poeta sufi persiano – uno dei più grandi mistici mai esistiti – ebbe a scrivere: «E, infine, mi fissai lo sguardo nel cuore, ed ecco là io Lo vidi, in nessun altro luogo che là, Egli era!». Con l'incoerenza poetica, ma altrettanto vera, espresse anche il contrario; la ricerca del mistero di Dio,
la Sua
ineffabile lontananza, l'inafferrabile presenza. Lo stesso Spirito potrebbe dire: «Dov'è
la Divinità
per poterla raggiungere?»
Siamo ai vertici del pensiero umano, ma il finito non può comprendere l'Infinito, l'umano è lontanissimo dalla Divinità, sempreché non veda nello Spirito
la Sua
espressione, non vi sia cioè questo passaggio obbligato che può giungere alla fine del ciclo delle esistenze, quando lo Spirito è – per così dire – al massimo della sua espressione e presenza nell'umano. Il tramite è sempre lo Spirito, un contatto diretto è impensabile, impossibile nella condizione terrena, ma questa impossibilità non deve assolutamente fermare la ricerca, deve sempre esistere la speranza che si aprano spiragli sottilissimi.
Se accettiamo Dio come Infinito e Assoluto troviamo però una consolazione umana e spirituale senza limiti, perché questo significa che siamo sempre in Lui. Mai ci staccheremo o ci allontaneremo da Lui, siamo sempre e comunque in una Comunione e Unità col Padre, in un eterno abbraccio per l'eternità del quale solo la nostra pochezza e inconsapevolezza ci rendono incoscienti. Allora a Dio non si possono applicare termini di distanza, in questa verità non hanno più senso. Semplicemente non possiamo MAI essere "fuori" di Dio.
Tutte le filosofie e dottrine induiste hanno un errore fondamentale di prospettiva, lo yoga ("unione" in sanscrito) è una condizione estrema del ciclo dell'evoluzione che giunge alla fine di questo percorso esperienziale nel ciclo esistenziale terreno. L"'Unione" è creare momenti di "contatto" e d'immedesimazione con lo Spirito e non con
la Divinità. Dio
non è raggiungibile, MAI e in nessuna condizione, ed è solo una grande illusione pensarlo. Cosa dovremmo raggiungere di Dio? Tutte le descrizioni religiose su questa condizione sono di una banalità incoerente e insensata.
Lo Spirito è emanato da Dio in forma eterna, e tutto ciò che è emanato in questa forma autonoma e definitiva non ritorna alla sua Matrice originaria. Ciò che è stato emanato è una precisa volontà divina che non può ritornare su Sé stessa, sulle Sue decisioni, non esiste una temporaneità in questo senso, sarebbe un'assurdità inconcepibile. Lo Spirito non è limitato e provvisorio, ma una realtà eterna, un ESISTENTE individuale. Il "riassorbimento" in Dio di tante dottrine rappresenterebbe la morte definitiva dell'individualità dello Spirito, che Dio stesso ha voluto ed emanato come eterno e autonomo. Dio non contraddice Sé stesso e non ritorna sulle Sue decisioni e volontà. Mai le dottrine e le teologie sono state coerenti e razionali, neppure quando avrebbero potuto rappresentare una grande verità di speranza e di eternità.
L'emanazione (o come suoi dirsi impropriamente "creazione") di Dio, è un atto eterno, una sorta di "sistema chiuso" nella sua perfezione, un atto dell'infinita intelligenza di Dio, ove sono presenti Principi e leggi di tale complessità che tutto hanno in sé, sino al punto estremo di renderla autonoma in Dio stesso. Dio non è coinvolto direttamente in alcuna maniera nella Sua emanazione spirituale e materiale, come in tutte le forme che ne discendono, quella umana compresa.
L'uomo, per sua natura, non è il fine dell'Universo materiale ma solo una delle infinite forme biologiche, che non è stata creata direttamente da Dio, ma è una delle molteplici forme scelte dallo Spirito quale contatto con la materia universale. Dio allora non è né pietoso né misericordioso, né ha altre attribuzioni umane, è
la Realtà
, l'unica oggettiva, Assoluta e Infinita.
La Sua
"immagine e somiglianza" non è con l'uomo, assurdità arrogante e inconcepibile per una specie biologica, bensì con lo Spirito, che è un’emanazione della Sua stessa sostanza, seppure in una forma potenziale e non in atto, perché Dio non ha potuto trasmettere totalmente Sé stesso, non per una Sua assurda incapacità, ma per ragioni derivanti dalla Sua stessa Realtà e Unità.
Appare allora illogico e incomprensibile un rapporto tra il Dio Infinito e l'umano finito e mortale. Dio non interviene mai direttamente nell'ambito umano, non se ne vede la ragione e la logica, checché affermino le religioni. È un ambito che è svolto esclusivamente dallo Spirito come sua necessità e scelta evolutiva. L'«Homo sapiens sapiens» attuale è una conseguenza dell'azione dello Spirito nella materia della Terra, attraverso l'atto incarnativo nella scimmia antropoide del tardo Pleistocene, circa cinque milioni di anni fa. È questa una conclusione che ha dovuto accettare anche
la Chiesa
cattolica, pur con qualche distinguo assurdo e incoerente, proprio riguardo alla figura e all'azione di Dio. Con questa decisione storica
la Chiesa
cattolica si è allineata in larga parte alle concezioni spiritualiste.
La dichiarazione dell'origine dell'uomo dalla scimmia antropoide è stata fatta direttamente da Papa Giovanni Paolo Ilo alla Pontificia Accademia delle Scienze di Roma nell'ottobre del 1996. La dichiarazione del Papa testualmente: «esorta teologi ed esegeti a tener conto dei risultati cui è pervenuta la scienza della natura». Inutile dire che sino ad oggi questa esortazione è rimasta lettera morta. La revisione di questi temi avrebbe fatto crollare punti fondamentali della struttura teologica cattolica, la cui impostazione non permette di per sé revisioni. Esse, infatti, porrebbero problemi insolubili a livello dottrinario e catechistico. In altre parole imploderebbe larga parte delle proposizioni derivate dal contesto biblico, già incoerente e irrazionale di suo. Il testo biblico, allora, dovrebbe essere considerato al suo corretto livello di antica letteratura ebraica, e non un testo di riferimento teologico e dottrinario dell'ambito religioso occidentale. La frattura tra il Dio biblico e una nuova visione della divinità è ormai insanabile e non è più possibile guardare indietro.
Ma parleremo ancora molto di Dio, un tema Infinito .., augurando ad ognuno di ricercarLo nella propria interiorità.
(© copyright Marcello Carraro)
Per eventuali contatti: carraromarcello@yahoo.it
|