ESOTERICA - A cura di Attilio Mazza
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LA BELLEZZA DI UN FIORE CHE RIMANDA ALL’ESSERE



Piero Boitani, Il Vangelo secondo Shakespeare,
Il Mulino, 176 pagine, € 15,00


Piero Boitani, docente di letteratura  comparata alla Sapienza di Roma, così presenta il suo ultimo saggio edito dal Mulino, Il Vangelo secondo Shakespeare: «Da anni andavo pensando a comporre un piccolo libro con questo titolo, e avevo scritto diversi pezzi che ruotavano attorno al tema. Misurarsi con Shakespeare, e in particolare con i suoi ultimi drammi, è quasi impossibile, e appaiarvi i Vangeli e la Scrittura una follia, ma sono sfide alle quali non si può resistere. Soprattutto per chi, come me in questo caso, cerchi di rivolgersi in primo luogo al lettore che sa poco dell' autore e della sua opera, ma ne è rimasto colpito. Perciò, narro sempre le trame, descrivo le scene, e vado al mio argomento. Spero che i lettori “forti”, gli studiosi e i critici di Shakespeare, mi perdonino e colgano quel poco di nuovo che questi capitoli contengono».
Shakespeare è l'autore delle maggiori tragedie (e di alcune delle più divertenti commedie) della letteratura. Ma è anche lo straordinario inventore di trame fantastiche. Avventure per mare e sui monti, tempeste, pirati, intrecci amorosi, l'incanto della musica: storie di mariti e mogli, di padri e figlie, che si perdono, muoiono, rinascono, si ritrovano. la sua fantasia comincia a muoversi in questa direzione già nelle tragedie di Amleto e Re Lear. Poi, vola negli spazi sconfinati dei drammi romanzeschi. In essi, ritorna sempre più spesso alle Scritture e disegna il suo personale Vangelo: terreno e immanente, ma ombra del trascendente e del divino. Fondato sulla pazienza e sul perdono, aperto all'azione di Dio, alla vita, alla gioia e alla resurrezione.
Piero Boitani ripercorre il cammino dapprima incerto, poi sempre più sicuro, che conduce il più grande drammaturgo di tutti i tempi verso un Nuovo Testamento predicato e incarnato dalla donna: la musica delle sfere che Marina fa sentire a Pericle, la statua di Ermione che ritorna in vita, la divinità che traspare da Imogene, l'epifania sull'isola di Prospero e Miranda.
Concludendo il saggio, lo studioso scrive: «Forse, la gloria più grande risiede per Shakespeare proprio nelle cose piccole ed effimere, per esempio i fiori: che raccolgono Ofelia, Marina, Guiderio e Arvirago, e Perdita. Fiori di campo: gli asfodeli, “che spuntano prima che la rondine / osi e afferrano con la loro bellezza / i venti di marzo”; le viole, “umili / ma più dolci delle palpebre degli occhi / di Giunone o del respiro di Citera”; le primule pallide; il fiordaliso; i gigli. Già, i gigli, i fiori dei campi: Shakespeare sembra praticare con fervore l'invito di Gesù di Nazareth: “Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro”. Forse, la gloria più grande è lì: nella corolla di una primula, come canta Ariele, sotto il fiore che pende dal ramo. Questa gloria è bellezza, pulchritudo del mondo e degli uomini».
Parole da meditare.