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Michela Fontana

«Matteo Ricci. Un gesuita alla corte dei Ming»

Mondadori, 348 pagine, € 12,00


L’opera in Cina del missionario Matteo Ricci (Macerata, 6 ottobre 1552 - Pechino, 11 maggio 1610), matematico e cartografo, è stata ricostruita, dopo due anni di soggiorno nella Terra del Sol levante, da Michela Fontana, giornalista scientifica milanese, nel libro «Matteo Ricci. Un gesuita alla corte dei Ming», edito da Mondadori.
L’attività di Matteo Ricci in Cina al tempo della dinastia Ming, non solo segnò l'inizio della diffusione del Cristianesimo in quel vastissimo territorio, ma contribuì a far conoscere la scienza occidentale; e per questo è ancora oggi ricordato come Maestro del grande Occidente col nome in mandarino di Li Ma-dou.
Giunto a Macao nel 1582, dopo aver soggiornato in varie città si trasferì a Pechino, dove visse dal 1601 al 1610 alla corte dell'imperatore Wanli della dinastia Ming. Fu padre Ricci a scoprire che la Cina coincideva con il Catai descritto da Marco Polo e a farne conoscere per primo, attraverso le sue lettere e i suoi scritti, la cultura e le tradizioni
Divenne assertore convinto che la cultura cinese fosse un'eredità dei valori confuciani che potevano ben raccordarsi con quelli cristiani e operò pure per introdurre in Cina la scienza occidentale attraverso incontri con letterati confuciani e personalità importanti. Il suo intento non ebbe esito felice. Il dibattito, infatti, invece di avvicinare cristianesimo e confucianesimo ebbe risvolti politici, al punto che papa Innocenzo XIII e l'imperatore Kangxi della dinastia Qing si scambiarono dure lettere sull'argomento. Alla fine l'imperatore decise di bandire i cattolici dalla Cina e tutte le opere dei missionari poterono continuare solo clandestinamente, fino alla metà dell'Ottocento.
Tuttavia l’opera di padre Matteo Ricci trovò successivamente pieno riconoscimento e le sue spoglie vennero sepolte in quello che ora è la School of Beijing Municipal Committee.


Attilio Mazza