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«Sulle orme di Goethe a Malcesine», di Elisabeth Mentzel, saggio edito dal Comune di Malcesine in collaborazione con la Casa di Goethe e il Freies Deutsches Hochstift/Frankfurter Goethe-Museum (FDH), 96 pagine, con illustrazioni.

Il 26 settembre è stato presentato nel Castello di Malcesine il volume «Auf Goethes Spuren in Malcesine - Sulle orme di Goethe a Malcesine», che propone il saggio scritto esattamente cento anni fa, dalla germanista Elisabeth Mentzel (1849-1914) e pubblicato nellannuario del «Freies Deutsches Hochstift/Frankfurter Goethe-Museum».
Nel 1907 la Mentzel visitò Malcesine seguendo le tracce che Goethe aveva lasciato durante il suo celebre viaggio in Italia. La scrittrice racconta, nel testo ora ristampato, l’incredibile vicenda di cui fu protagonista il grande poeta il 14 settembre1786 allorché si appostò presso il castello per disegnarlo. Alcuni abitanti gli si fecero attorno e qualcuno cominciò a pensare che fosse una spia austriaca mandata in missione dall'imperatore Giuseppe Il per compiere rilievi della fortificazione in abbandono e abbastanza fatiscente, utile per progettare un eventuale assalto. Goethe avrebbe rischiato l’arresto, come racconta nel suo «Viaggio in Italia», se non si fosse verificato un fatto imprevisto.
Giunsero sul posto per gli accertamenti, riassunse la Mentzel , «il lento e assente podestà, con il suo più sveglio attuario e la cosa si complicò ancora di più. Entrambi non riuscivano a comprendere lo strano caso, e ancor meno erano in grado di arginare il fascino esercitato dall'arringa di difesa di Goethe sulla gente che stava attorno ad ascoltare. Un'impressione particolarmente profonda fu suscitata dall'affermazione che anch'egli, come la gente di Malcesine, era cittadino di una repubblica, che sebbene non poteva essere paragonata per potenza e per grandezza al serenissimo stato veneziano, essa godeva però di grande apprezzamento in tutto il mondo per i suoi commerci e la sua ricchezza. Il poeta aggiunse quindi con orgoglio: “lo sono nativo, infatti, di Francoforte sul Meno, una città la cui fama e rinomanza è certamente giunta sino a voi”. Questa rivelazione portò la tensione al culmine, dato che il podestà non sapeva evidentemente cosa dovesse fare. Allora una graziosa giovane consigliò di chiamare Gregorio, che era stato a lungo a servizio a Francoforte e quindi avrebbe saputo risolvere la questione meglio di tutti. Si diede subito seguito a questa proposta, e così comparve nella corte un uomo sulla cinquantina, che aveva un viso scuro, italiano, e una certa disinvoltura nei modi. Presto egli si mise a colloquiare con lo straniero, e gli raccontò di essere stato a servizio in casa Bolongaro, a Francoforte e che sarebbe stato lieto di udire notizie su questa famiglia e sulla città, di cui si ricordava con piacere. Gregorio era stato a Francoforte negli anni in cui Goethe era giovanissimo, ma proprio per tale ragione il poeta si trovava nella fortunata condizione di potergli raccontare quale fosse la situazione a quei tempi e quali cose fossero cambiate da allora. Conoscendo tutte le famiglie italiane di Francoforte, il poeta si mise a parlare all'uomo, che ascoltava attento, dei figli e dei nipoti di queste famiglie, specificando chi nel frattempo si era sposato o sistemato in altro modo. Quale avvenimento di particolare importanza all’interno della colonia italiana di Francoforte Goethe citò le nozze d'oro del ricco commerciante Johann Maria Allesina e di sua moglie Franziska Clara, nata Brentano, che erano state festeggiate il 30 maggio 1774 con grande partecipazione. Gregorio venne inoltre a sapere che per questa occasione era stata coniata una moneta che possedeva anche il poeta. Durante il racconto nei tratti di Gregorio si alternavano allegria e gravità: egli non era soltanto felice, ma anche commosso di venire a conoscenza di così tante cose, e così liete, a proposito di persone e relazioni che erano diventate per lui così distanti. I paesani riuniti lì attorno – compresi il podestà e il suo attuario – seguivano il colloquio tra i due senza stancarsi, con grande attenzione, le donne addirittura con certo piacere. Infine gli ascoltatori chiesero al loro compaesano di tradurre in dialetto ciò che non erano riusciti a comprendere dalle espressioni e dai movimenti dello straniero. Dopo una tale svolta della faccenda, il podestà espresse la convinzione che Goethe fosse un brav'uomo, un artista e una persona ben educata, che viaggiava per istruirsi». E il poeta se ne poté andare in santa pace.
Quell’episodio curioso, raccontato da Goethe e tramandato anche dalla Mentzel, fece la fortuna di Malcesine, località benacense oggi tra le principali mete turistiche del lago di Garda.
Il saggio informa come Elisabeth Mentzel riuscì a individuare i discendenti della famiglia Testa, proprietari dell’albergo “L’Aquila Nera” (oggi Hotel San Marco) dove il poeta aveva alloggiato. E descrive il ricordo collettivo di quella visita tramandato da una generazione di Malcesinesi all’altra. I risultati delle sue lunghe ricerche furono pubblicate per la prima volta nel 1908 nello «Jahrbuch»
.Con la ristampa del saggio tedesco e italiano si consolida l’intensa collaborazione tra la Casa di Goethe ed il Comune di Malcesine. Numerose, infatti, le mostre trasferite da Roma al visitatissimo Castello Scaligero. Inoltre, nel 2004 furono riallestite nel castello due sale Goethe, l’unico museo tedesco all'estero presente in modo permanente anche sul Lago di Garda.
La pubblicazione è stata resa possibile grazie alla partecipazione di un’altra prestigiosa istituzione goethiana, il «Freies Deutsches Hochstift/Frankfurter Goethe-Museum», che gestisce anche la casa natale dove il poeta nacque nel 1749, cento anni prima di Elisabeth Mentzel.


Attilio Mazza