CULTURA - A cura di Paola Bonfadini

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TAPPA 104
“Il momento decisivo”:
Arte della luce - Lastre bresciane del secolo della fotografia
di Franco Nardini, Franco Rapuzzi, Giannetto Valzelli
di Paola Bonfadini

Arte della luce: questo l’accattivante titolo di uno studio sui principali fotografi bresciani tra metà Ottocento e Anni Novanta del Novecento (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, L’arte della luce – Lastre bresciane del secolo della fotografia, Il Cordusio, Brescia 1992). L’espressione, forgiata da Gabriele d’Annunzio, sintetizza efficacemente l’intreccio quasi magico di creazione, scienza e realtà che anima la pratica fotografica anche a livello locale. Nel primo saggio, Tutti fermi a guardare l’uccellino (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 11-36), il giornalista e critico d’arte Giannetto Valzelli introduce, con il consueto stile vagamente ojettiano, la storia della fotografia bresciana, distinguendo i personaggi secondo vero e proprie “categorie” di riferimento. C’è, ad esempio, il “patriarca” della fotografia bresciana Giuseppe Allegri che immortala lo storico passaggio di Napoleone III davanti alla Crociera di San Luca. In seguito, intorno al 1870, il “pioniere” Giuseppe Rossetti, novello Alinari nostrano, con studio in corso Magenta, immortala i rilevanti monumenti cittadini tra cui la chiesa delle Grazie. Non mancano gli “estrosi”, come l’ingegnere Giovanni Tagliaferri, abilissimo e fantasioso fotografo dilettante, capace d’immortalare il vecchio padre Carlo nelle sembianze di bizzarri personaggi storici inventati con l’amico Teodoro Lechi, alias fra Doretto da Calvisano. Ma l’industria incombe e la fotografia, a partire da fine secolo, diventa strumento di promozione economica. Sono gli anni di Giuseppe Zanardelli, del sindaco Gerolamo Orefici, delle imprese industriali dei Togni, dei Franchi: Giovanni Negri, fra i tanti, fissa con entusiasmo la fervida “città che sale”. Da ricordare sono pure i ritratti “in posa” e si viene a creare, così, un genere di grande successo. Antonio e Stanislao Bragadina,  nello studio di via San Martino della Battaglia dipingono con le “foto-tessera” fanciulle e fidanzati, borghesi e nobili fino agli Anni Sessanta del secolo scorso. Parallelamente, però, si afferma un filone “verista”, che fa della realtà sociale lo specchio di tradizioni, rituali e problemi: notevoli risultano le immagini del maronese Luciano Antonio Pedrali, che ricostruisce, nei decenni, la vita spesso aspra del paese montano. Tuttavia c’è spazio, nei primi decenni del Novecento, per la fotografia d’arte e turismo che abbellisce riviste come “Brixia” o i cataloghi delle “grandi mostre” coeve: è il caso del fotografo e antiquario Dante Bravo, amico del “comandante” d’Annunzio, formidabile nel registrare con un chiaroscuro nitido e limpido fasti architettonici e dimore suburbane come la “nuovissima” Piazza Vittoria, il Vittoriale o la Casa del Podestà del senatore Ugo Da Como. E le attività sportive vengono, invece, riprese da Emilio Viclani nel tentativo di cogliere “il momento decisivo” dell’azione. Interessanti, ancora, sono le sperimentazioni di Danilo Allegri negli Anni Sessanta e Settanta del Novecento, accanto ai preziosi reportages di Silvano Cinelli, Fausto Schena e Gabriele Strada. E un posto non meno significativo è occupato dai fotografi amatoriali del Cinefotoclub di Brescia, con l’annesso Museo Nazionale della Fotografia. Infine la sperimentazione fotografia raggiunge risultati interessanti con artisti quali Ugo Mulas, Giuseppe Palazzi ed Eugenio Molinari, abili nel trasformare lo “scatto” in qualcosa d’inconsueto. Nel secondo saggio, La camera chiara (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 37-66), Franco Rapuzzi, stimatissimo e compianto fotografo, cerca di spiegare l’evoluzione del mezzo fotografico dalle prime esperienze di Nicephore Nièpce con I tetti di Parigi del 1826, passando per il dagherrotipo di Louis Daguerre nel 1839, fino alla calotipia di Fox Talbot. La nuova scoperta incanta ed interessa: nascono riviste e manuali. Nei “Commentari dell’Ateneo di Brescia” per l’anno 1870, le straordinarie immagini di Gabriele Rossetti suscitano stupore e ammirazione (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, p. 41). Le lastre al collodio e la stampe all’albumina, poi, nell’ultimo quarto dell’Ottocento, condizionano il processo fotografico fino alla scoperta dell’emulsione della gelatina al bromuro d’argento compiuta dal medico inglese Richard Leach Maddox nel 1871 (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, p. 43). Con l’autocromia dei fratelli Lumière, inventata nel 1904, fino all’invenzione del “rullino” Kodak la  tecnica fotografica  prenderà innovative direzioni. La terza parte, sempre a cura di Rappuzzi, spiega, mediante schede biografiche ed efficaci illustrazioni, fondamentali figure di fotografi, già citati brevemente da Giannetto Valzelli.
Con una veste grafica accattivante, che fa precedere un ritratto del fotografo, notizie sulla vita e sull’attività, “click” rari, assistiamo ad un momento affascinante della storia della cultura e della civiltà locali. Giovanni Tagliaferri (1861-1936) (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 67-94) fa della fotocamera lo strumento utile per la professione e per momenti della vita familiare (Ninì Manziana, moglie di Giovanni Tagliaferri, ritratta in costume valtellinese, in FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, p. 81). La famiglia Negri, vera e propria dinastia “fotografica” con il patriarca Giovanni (Pavia 1864-Brescia 1919), il figlio Umberto (1892-1954), nello studio di via Calatafimi (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 95-118) raccoglie in 45.000 lastre fotografie di carattere artistico, industriale, “in posa”, un efficace spaccato della società locale (Reparto della società Tubi Togni di Brescia, specializzata nella produzione di condotte forzate per centrali idroelettriche.
Anni Venti
, in FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, p. 105). Stanislao Bragadina continua l’attività di Antonio (1885-1965) (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 119-142) e, benché l’archivio sia stato in parte distrutto come quello della dinastia Allegri e di Dante Bravo, le riproduzioni rimaste testimoniano l’eterno fascino femminile o rilevanti eventi della storia bresciana (I sacerdoti bresciani ordinanti il 26 giugno 1950 posano nel seminario vescovile di Sant’Angelo con il vescovo di Brescia mons. Giacinto Tredici. 1950, in FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, p. 123).
La “commedia umana” della cittadina di Marone è, al contrario, delineata da Lorenzo Antonio Pedrali (1884-1962) (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 143-166): tale affresco esistenziale con le oltre 14.000 lastre, donate al comune nel 1981 dai figli, ricostruisce vicende lontane davvero emozionanti (Sufragetta di paese. Anni Venti, in FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, p. 146).
È, comunque, con Dante Bravo (Brescia 5 agosto 1890-1936) (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 167-190) che la fotografia diventa esperienza professionale e artistica (Il grattacielo di Brescia in costruzione ed ultimato, in FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 172-173).
Negli scatti di Simone Magnolini (Borno 1895-1982) (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 191-214), invece, vediamo effigiato il territorio “solcato dal fiume Oglio, da Ponte di Legno alle sponde sebine” (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, p. 192) sia nelle attività economiche che artistiche (Santa Maria della Neve di Pisogne Gerolamo Romanino Crocifissione, in FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 206-207).
Emilio Veclani, nato a Ponte di Legno il 24 giugno 1909 (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 215-237), ritrae, negli Anni Sessanta, il celeberrimo salto dal trampolino gigante di ben 103 metri da parte del campione di sci Hoenleintner (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, p. 216).
Danilo Allegri (Brescia 18 maggio 1911-Milano 13 ottobre 1989) (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 238-271) sperimenta le potenzialità della fotografia  (Nascere Essere Sognare Morire 1970, in FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 240-267), oltre commissioni rilevanti come la cartelle realizzate dal 1974 per la Banca San Paolo.
Il fotogiornalismo bresciano, inoltre, si esprime con figure come Silvano Cinelli (Cellatica 1928-1981) (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 272-283) con La visita del 24 giugno 1959 a Brescia con Charles De Gaulle e Giovanni Gronchi (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 282-283). Fausto Schena (1895-1986) (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 284-296) si concede attimi per rammentare dolenti ed efficaci documenti di un mondo che va scomparendo (Mondine, in FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, p. 293).
Il Cinefotoclub (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 297-328), sodalizio di fotografi amatoriali nato a Brescia nel 1953 con Alberto Sorlini, è stato utile per far apprendere la tecnica della fotografa al vasto pubblico con concorsi, gare e varie manifestazioni (Giuseppe Palazzi, Breve incontro, 1962, in FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 322-323).
Nell’ultima parte del corposo volume, intitolata Alfabeto delle immagini (FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, op. cit. 1992, pp. 329-370), Franco Nardini riassume la società bresciana per parole e concetti-chiave con lo scopo di aiutare a comprendere il contesto in cui la fotografia opera.
Seguono riferimenti bibliografici, in sintesi, dedicati alla fotografia in generale, a quella bresciana e, infine, ai fotografi considerati.
Perché, in  conclusione, leggere un testo simile?
Si tratta di un libro accattivante, interessante, uno studio che dà informazioni con levità e tenerezza riguardo una dimensione aurorale della fotografia bresciana, prima dell’avvento della macchina digitale.
Per saperne di più
FRANCO NARDINI, FRANCO RAPUZZI, GIANNETTO VALZELLI, L’arte della luce – Lastre bresciane del secolo della fotografia, Il Cordusio, Brescia 1992.