«Quando il monte Cetona ha il cappello, lascia le zappe e prendi l’ombrello», dicono nelle zone del confine umbro-toscano. A riferirlo è il colonnello Giuliacci, uno che di meteorologia se ne intende. «Quand el mont el ga ’l capèl, o che ’l fa bröt o che ’l fa bel», recita invece l’ironico proverbio dei bresciani, evidentemente più scettici e dubbiosi sulle possibilità delle previsioni meteorologiche. A parlare di fenomeni meteorologici è stato appunto Mario Giuliacci, volto ben noto per le sue apparizioni in video su Canale 5 (da anni cura le previsioni meteo elaborate dalla Epson Italia per i Tg delle reti Mediaset). Il colonnello è intervenuto l’altro giorno in Loggia per il ciclo dei Pomeriggi in Vanvitelliano dedicati alla «costruzione del cielo», promossi da Starrylink in collaborazione con l’Amministrazione comunale. Dopo il cielo della religione e il cielo dei filosofi e degli scienziati, è dunque la volta del cielo della meteorologia. E il tempo, «che è imprevedibile come la vita, è l’ultimo elemento di una natura selvaggia che entra nella nostra quotidianità», sottolinea Marisa Strada introducendo la conversazione. In cielo, d’altra parte, tutto è grandioso; è lì che ci sono le cose più belle che possiamo vedere, dalla magia di un tramonto a un temporale che magari mette paura, dice Giuliacci. E di queste cose belle che avvengono in cielo, le «meteore» - termine che indica qualunque fenomeno attraversi il cielo e dal quale deriva la parola «meteorologia» -, l’esperto dà al pubblico una spiegazione, aiutandosi con la proiezione sullo schermo di disegni e fotografie. Ecco dunque un’ampia cavalcata attraverso le idrometeore, dovute alla condensazione dell’acqua (nuvole, nebbia, pioggia, neve, grandine); le fotometeore, che avvengono per interazione tra la luce del sole e l’atmosfera (lo stesso colore blu del cielo, il tramonto, l’arcobaleno, il miraggio, la fatamorgana...); le elettrometeore, causate dall’elettricità dell’atmosfera (i fulmini, i folletti); le magnetometeore, dovute all’interazione tra il campo magnetico terrestre e il cosiddetto «vento solare» (l’aurora boreale). Giuliacci racconta di come, per il moto ascendente dell’aria, attorno al pulviscolo atmosferico si formano gocce di nuvole che inglobano quelle più piccole fino a provocare le gocce di pioggia (che diventa neve se la temperatura delle nubi è sotto lo zero); parla della grandine, provocata dall’incontro tra cristalli di ghiaccio e goccioline di pioggia; si sofferma sulle nubi: nubi lenticolari e cirri, cirrostrati e cirrocumuli, nubi a incudine e cumulo-nembi. Poi spiega come il cielo appaia azzurro-blu (la luce solare si disperde incontrando l’atmosfera, ma i suoi colori si diffondono in modo diverso: il violetto e il blu più degli altri); le nubi sono invece bianche perché la luce è diffusa nel suo insieme. La rifrazione della luce (il nostro occhio ingannato quando i raggi solari attraversano mezzi di diversa densità, come avviene quando vediamo il bastone spezzato se immerso nell’acqua) spiega fenomeni come l’arcobaleno (la luce solare colpisce le goccioline delle nubi e si scompone nei vari colori perché ciascuno di essi è deviato in modo diverso). Il colonnello cita tanti altri fenomeni sui quali la ristrettezza del tempo disponibile gli impedisce di soffermarsi: nubi iridescenti e aloni, «cani del sole» e miraggi, corone e nubi argentee, fulmini e aurore boreali. Alla fine, sollecitato da una domanda, parla delle possibili catastrofi ambientali del futuro. I sintomi di possibili disastri ci sono tutti, afferma: se nella macchina atmosferica introduciamo più carburante del necessario, è ovvio che il sistema può andare in tilt; ma ho fiducia nel futuro e nelle possibilità dell’energia pulita (anche se gli investimenti promossi dai Governi in questo settore sono per ora insufficienti perché i risultati appaiono troppo in là nel tempo). Il prossimo appuntamento del ciclo di incontri (giovedì 3 aprile) è con la giornalista Renata Pisu per una conversazione sul cielo e l’Oriente. |